Meditare è guardare in profondità nel cuore delle cose (Thich Nhat Hanh)


L’autunno è nell’aria. Appena alzata, è ancora buio pesto, mentre spalanco le finestre, saluto questo nuovo giorno da vivere con gratitudine. L’aria che respiro profondamente è frizzantina.
Terminata la colazione, mi dedico alla meditazione nel mio angolino illuminato solo dalla flebile fiammella di una candela. Mi siedo sulla sedia davanti al muro spoglio, ciondolo un pò a destra e sinistra per trovare la postura corretta, schiena dritta, spalle morbide, testa ben alta come se un filo invisibile la tenesse in bolla con il soffitto. Raccolgo le mani, la destra al centro del grembo con il palmo rivolto verso l’altro, la sinistra appoggia il dorso delle quattro dita su quelle dell’altra e i due pollici si sfiorano toccandosi leggermente. In questo modo si chiude un circuito energetico del corpo, in quanto proprio dai pollici inizia il meridiano energetico del polmone, quindi incrementa la circolazione energetica collegata a questo meridiano, favorendo la respirazione. Questa posizione delle mani è chiamata Mudra Cosmico, Hokkaijoin in giapponese, dal significato molto importante, in quanto rappresenta l’unione del nostro essere, la non dualità.
Inizio a concentrarmi sulla respirazione. Inspirando sento il respiro che mi arriva fino all’addome dilatandolo, espirando lo percepisco scorrere e uscire dalle narici. Mi concentro anche sulla postura, mantenendola corretta, cosa che mi rende naturale la respirazione diaframmatica.
Mi arriva lieve il profumo d’incenso, poco lontano da me, i rumori che provenienti dall’esterno con mi disturbano, così pure i pensieri che si presentano alla mente e che lascio scorrere senza prestar loro attenzione. Rimango focalizzata sulla respirazione e la postura. A poco, a poco sento accrescere il senso di benessere, una sorta di connessione con l’universo, difficile da spiegare.
Quello dello zazen, il termine giapponese che significa “meditazione seduta”, per me è il momento di maggior consapevolezza della giornata, un momento quasi intimo con il mio respiro al centro di tutto. Da quando mi dedico a questa pratica, è migliorata la mia concentrazione, sono più presente, è aumenta la mia resilienza nel convivere con le situazioni difficili e soprattutto è scomparsa l’ansia.
Di questi miei cambiamenti si è accorto anche mio marito. Se c’è una persona che mi conosce bene, è senz’altro Fulvio. Da 45 anni condividiamo le nostre vite, tra pochi giorni festeggeremo il 43° anniversario di matrimonio, un’unione che anno dopo anno ha rafforzato il nostro rapporto, superando insieme quei momenti difficili e avversità che di tanto in tanto si presentano. Per me è più di un marito, è il mio migliore amico, il mio confidente e una sorta di figura paterna che troppo spesso mi è mancata nella vita. Spesso è ironico nei miei confronti, un suo modo bonario per dimostrarmi che nulla di me gli passa inosservato anche se apparentemente pare non farci caso. Qualche giorno fa sono sottoposta alla seduta di agopuntura che sistematicamente faccio prima di ogni cambio di stagione da un medico neurologo specializzato anche in medicina cinese. Nel corso dell’anamnesi ho confermato di non aver alcun disturbo e di sentirmi particolarmente calma. Mi ha sorpreso la precisazione che ha voluto fare Fulvio a riguardo, provocando una risata generale nello studio medico: «Da quando ogni giorno va fa a farsi un giro in Giappone di poco più di mezz’ora, è calma come l’olio».
É vero, grazie allo zazen, ho trovato il mio giusto equilibrio che si riflette in ogni momento dell’intera giornata, sonno compreso.
E per quanto riguarda il Giappone, sin un certo senso ogni tanto ci vado metaforicamente. Ho il mio piccolo angolo di giardino zen, un Karesansui di legno massello, sul cui fondo è cosparso da una generosa quantità di fine sabbia bianca che simboleggia l’acqua, la purezza, il vuoto e lo spazio. Spesso mi dedico a alla pratica meditativa di “pettinare la sabbia” con il piccolo rastrellino, lasciando che la mia mano si faccia guidare dall’istinto e creando piccole onde sinuose che geometricamente si muovono in diverse direzioni. Una volta disegnato il fondo del mio giardino, dispongo gli arredi: in un angolo ammucchio piccole pietre di basalto a rappresentare una montagna con un ciuffetto di muschio essiccato che vuol significare la vecchiaia; al centro del giardino il caratteristico Myōjin Torii (con l’architrave leggermente ricurva verso il basso e le colonne leggermente inclinate rispetto all’architrave), la porta tipica giapponese che simboleggia il confine tra il regno degli umani e del divino. Sotto questo simbolo giapponese ho posto la piccola statuetta che rappresenta Akshobhya, il Buddha della Terra Pura. In prossimità alla montagna colloco il ponticello di legno sopra le onde che più mi evocano un corso d’acqua e da ultimo impilo i tre piccoli ciottoli che simboleggiano l’equilibrio interiore. Anche questa pratica rafforza la mia consapevolezza e comunque il mio respiro è sempre al centro della mia attenzione. Intanto il sole ha fatto capolino, gusto una tisana allo zenzero e ibisco sul balcone ammirando i panorami attorno e sono pronta a vivere questo nuovo giorno.

Quando inspiri, torni a te stesso.
Quando espiri rilasci ogni tensione.
Thich Nhat Hanh

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

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