1° Ottobre 2023


Solitamente le date che celebravo nell’arco dell’anno erano tre: il compleanno, l’onomastico e l’anniversario di matrimonio. Da qualche anno festeggio anche il 1° ottobre 2019, ovvero il mio primo giorno di pensione, una sorta di compleanno della mia rinascita. Può sembrare un paradosso imparare alla soglia dei sessant’anni cosa sia veramente la felicità e soprattutto a guardare la vita con occhi diversi e questi insegnamenti fanno parte della mia nuova vita. Poi è arrivato il 21 febbraio 2020, il giorno in cui ho spento metaforicamente sessanta candeline e sopratutto ho realizzato che il mio sesto senso funzionava benissimo. Quella mattina non avevo voglia di festeggiare. Non perché stavo per entrare nella settima decade della mia vita, bensì percepivo qualcosa di strano, quasi avessi la premonizione che quel giorno sarebbe diventato una ricorrenza tristemente storica per l’Italia e non solo, ovvero quando dall’ospedale di Codogno è stata ufficialmente dichiarata la presenza del paziente zero, positivo al coronavirus. Da lì a poco più di due settimane, precisamente il 9 marzo 2020, iniziavano i 69 giorni di confinamento totale tra le mure domestiche per quella che ormai era una pandemia a livello globale, bombardati dalle tante informazioni che arrivavano da tutti i canali televisivi ormai focalizzati unicamente sul Covid-19. Forse è proprio grazie a questa sorta di isolamento forzato dal mondo esterno, vissuto con molta serenità e senza rimuginare che fosse una costrizione, che ho iniziato a capire ciò che mi procurava felicità. Era sempre stata lì, accanto a me, in quel mio piccolo mondo che è la nostra casa: la costante presenza di Fulvio, mio marito e i nostri due gatti, Kimi e Oliver. Realizzare che la salute sia in assoluto il bene più prezioso, imparare a vivere ogni attimo della vita nella consapevolezza e soprattutto l’importanza di coltivare il sentimento di gratitudine, mi hanno fatto crescere giorno dopo giorno fino a farmi diventare un’altra persona.
Per quanto eternamente grata ai miei genitori per avermi messa al mondo, nel corso della mia vita avevo sempre provato molto rancore nei loro confronti per non essere mai stati molto presenti e soprattutto per avermi messo sempre e costantemente in coda alle loro priorità. Ora ho imparato a rileggere il libro della mia vita con altri occhi, focalizzando la mia attenzione a quei capitoli antecedenti alla mia nascita e che sicuramente forniscono una spiegazione a certi loro comportamenti. Questa rilettura, con il senno di poi, mi ha soprattutto insegnato che anche gli episodi negativi della vita spesso celano risvolti molti positivi, episodi legati indissolubilmente da quell’invisibile filo conduttore che contrariamente si sarebbe spezzato senza farmi vivere momenti meravigliosi. Ho imparato che tutte persone, positive o negative che siano, non sono entrate per caso nella mia vita. Ognuna di loro mi ha insegnato qualcosa, quindi sono profondamente grata di averle incontrate. Grazie agli insegnamenti dello Zen, ho imparato che coltivare il sentimento di gratitudine è il modo migliore per superare le avversità della vita, coltivando quell’empatia che mi permette di indossare i panni di altri, annullando il mio ego nel giudicare, un requisito indispensabile per rileggere il mio libro senza soffrire per quel che è stato, bensì guardando il risultato, ovvero chi sono sono ora. Una persona che si emoziona ad ogni alba e tramonto, che sta imparando ad accettare e superare le difficoltà della vita con positività, giorno dopo giorno.

“I tuoi genitori e i tuoi antenati sono pienamente presenti 

in ogni cellula del tuo corpo; 

tu sei la loro prosecuzione. 

Non hai un sé separato. 

Se togli da te i tuoi antenati e i tuoi genitori 

non rimane nessun «tu»” 

(Thich Nhat Hanh  – Il dono del silenzio)

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

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