La tua vita è l’armonia in cui si fondono yin e yang (Chuang-tzu)


Mi sento una piccola modella quando guardo questa foto. Avevo tre anni e venne scattata da un grande fotografo di fama nazionale, Giorgio Casali, mio zio e grande Maestro, che mi immortalò in un pomeriggio del 1963 a Sarnico, sulla riva bergamasca del lago d’Iseo.
Nonostante la bellezza di questo scatto rubato mentre giocavo, questa foto mi trasmette sempre un non so che di inquietudine per il mio sguardo un pò triste, che lascia trasparire la mancanza di qualcosa.
Sebbene allevata come una piccola principessa dai miei tre meravigliosi zii, che, pur essendo in età avanzata, mi accolsero nella loro casa quando avevo pochi giorni di vita e mi allevarono donandomi un universo di amore.
Per molti anni della mia infanzia associavo le parole mamma e papà a due persone a me sconosciute se rapportate alle stesse figure dei miei compagni di asilo e scuola. Li incontravo molto saltuariamente per brevi momenti, attimi asettici in cui non ricevevo alcuna carezza o abbraccio e che quindi non riuscivo a comprendere il senso di queste visite. Perché non potevo chiamare mamma zia Nanda o zia Gina e papà lo zio Alfredo? Questa domanda ridondante si presentava quasi quotidianamente nella mia testolina ed era ovvia, visto che vivevo con loro, mi coccolavano, mi educavano e si prendevano cura di me anche quando mi ammalavo. Non fui mai in grado di spiegarmelo e solo dopo alcuni anni fui in grado di trovare la risposta.
Dopo cinque anni trascorsi da interna in collegio, durante la mia adolescenza la mamma e il papà diventarono le figure primarie della mia vita e gli zii mi ospitavano solamente nei periodi delle vacanze estive, pasquali e natalizie.
Le dimostrazioni di affetto da parte dei miei genitori erano sempre latenti nella mia vita, un vuoto che colmavo solo quando ritornavo dagli zii. Un’adolescenza vissuta quasi allo sbando, senza una persona adulta con cui confidarmi quotidianamente, se non con mio cugino Oreste che consideravo un fratello maggiore, con il quale condividevo meravigliosi e indimenticabili pomeriggi nello studio fotografico di zio Giorgio e il cugino di papà, Bruno, che mi seguiva molto da vicino. Se in quegli anni non presi qualche strada sbagliata, era solo grazie ai loro consigli e attenzioni.
Questa situazione venne gestita con omertà dai miei genitori nei confronti dei nostri parenti e l’averlo realizzato recentemente ha riaperto nuovamente la mia ferita, non tanto per il mio vissuto, bensì perché mi sono sentita ancora più un’estranea nelle loro vite.
Questo è l’aspetto Yin della mia vita, ma fortunatamente ha prevalso lo Yang. In fondo non ho mai provato carenza di affetto, prima grazie a quelle tre splendide persone che mi hanno accudito giorno e notte per otto anni, donandomi tutto l’amore di questo mondo senza nulla pretendere in cambio e ai quali sarò riconoscente a vita, poi incontrando un marito meraviglioso che ha stravolto positivamente gli ultimi 44 anni della mia vita.
Alla fine ci ha pensato il Karma a rimettere in armonia ed equilibrio la mia vita come in una danza tra luci ed ombre e gliene sono profondamente grata di aver illuminato la mia vita, facendomi comunque apprezzare anche i periodi più bui.

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

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