L’impermanenza è un principio di armonia. Quando non lottiamo contro di essa, siamo in armonia con la realtà (Pema Chodron)


Pomeriggio di una giornata autunnale, uggiosa come tante in questo mese, ma non noiosa.
Non resisto all’idea di fare quattro passi sotto la pioggia.
Esco senza ombrello, è un accessorio a cui rinuncio spesso volentieri. Indosso la mia giacca impermeabile che mi aveva accompagnato in tante escursioni di trekking e mi ripara adeguatamente.
Vago senza meta. Le vie del paese sono deserte, non passano nemmeno auto. Amo la solitudine.
É una gioia godermi questa passeggiata ascoltando il ticchettio della pioggia sul cappuccio.
Mi sintonizzo su quel suono che per me è musica e mi fa compagnia mentre cammino a testa bassa ammirando le forme e i colori delle foglie bagnate sull’asfalto.
Piccole opere d’arte che mi ricordano un termine giapponese, wabi-sabi, ovvero ricercare il bello nell’impermanenza, accettando positivamente il ciclo naturale di crescita e decadimento.
Che strano. Nei mesi scorsi queste stesse foglie nel loro pieno vigore riempivano i rami, passando quasi inosservate. Facevano parte di un’insieme che formavano la verde e rigogliosa chioma di un albero. Ora, alla fine della loro vita, m’insegnano ad accettare e a vedere la bellezza nell’impermanenza, segni del tempo che passa, delle stagioni che si susseguono.


Come le rughe di un volto, le macchie sulla loro superficie sono piccole pagine della loro breve vita, che non sono in grado di leggere, ma posso solo apprezzarne i loro segreti e le meravigliose sfumature di colore.
Mi inoltro in un viale alberato di tigli, sacri ad Afrodite e simbolo dell’amore coniugale. Mi trasmettono un senso di protezione. I rami sono quasi spogli, le poche foglie a forma di cuore e dai colori caldi pare che siano in attesa che una folata di vento le faccia cadere a terra per formare un tappeto naturale.
Le ricorrenti piogge che si susseguono dalla scorsa primavera hanno fatto crescere un folto muschio verde intenso sui tronchi. Mi fermo ad accarezzarne uno, é morbido come un velluto a la mia mano non riesce a fermarsi.
É una sensazione bellissima che mi fa sentire un tutt’uno con il tiglio. Un misto di calma, serenità e gioia mi pervade e spero di essere riuscita a mia volta a trasmettergli un pò del mio affetto.

Prendiamo rifugio negli spiriti degli alberi, nella loro sensibile presenza.
Chiome premurose, compassionevoli si flettono sul nostro capo come sapienti benedizioni.
Sull’altare un ramo, un fiore, luci, acqua, incenso, cibo.
Così diversi, così preziosi, gli alberi avvolgono ciò che li circonda, penetrando nel profondo della terra fino a comunicare attraverso i sensi la bellezza.
Il nostro equilibrio, i luoghi curati dal raccoglimento, li accolgono con semplicità e incanto.
Una perpetua prova di coraggio, le loro esistenze!
Annamaria Gyoetsu Epifanìa(La Via degli Occhi Limpidi)

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

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