Rivivendo “Chissà chi lo sa”: un viaggio musicale


E’ trascorso mezzo secolo, ben oltre cinquant’anni dalla mia partecipazione a Chissà chi lo sa, la trasmissione per ragazzi che andava in onda nel tardo pomeriggio del sabato nel periodo compreso dal 1961 a maggio 1972 sul primo canale RAI, alla quale partecipavano squadre di scolaresche italiane e presentata da Febo Conti, colui che passò alla storia come più giovane annunciatore radiofonico d’Italia, avendo iniziato la sua carriera nel 1945 all’età di diciannove anni nella Radio della Svizzera Italiana. Serbo ancora un ricordo molto vivido di quell’esperienza intensa e bellissima, che mi fa provare ancora un brivido scorrere lungo la schiena nel rivivere come in un déjà-vu le lunghe ore di registrazione alla quale avevo partecipato come con la squadra dell’Istituto Maria Consolatrice di Milano. Purtroppo era l’ultima puntata in assoluto della fortunata trasmissione e per l’occasione si trattava di uno special dedicato alla musica classica e operistica e che ci vedeva contrapposti al Conservatorio di Cesenatico che, almeno sulla carta, “giocava in casa” e ci avrebbe dato filo da torcere per via delle tematiche trattate. La nostra scuola era stata scelta per l’alta preparazione in educazione musicale, grazie alla grande passione e dedizione di una dolcissima religiosa, nonché professoressa di musica, Suor Luisa Angelica, che ripose in me la sua fiducia per l’ormai rinomata conoscenza della materia, in quanto cresciuta sin dall’infanzia sulle note delle melodie verdiane e di tutti i maggiori compositori del panorama lirico e classico europeo. A quell’età infatti ero considerata un piccolo mostro. Facendo cadere la puntina del giradischi a caso sul 33 giri, riconoscevo l’opera o il brano classico nell’arco di poche note con grande stupore della mia insegnante, ma nulla di che per una bimba che sin dai primi giorni di vita si addormentava sulle note dell’ouverture de La Traviata o di altre melodie classiche.
Quasi comico fu uno dei primi giorni di asilo, quando la maestra chiese a tutti i bambini della classe di canticchiare un pezzetto della canzoncina preferita e al mio turno “stonai” un Và pensiero sull’ali dorate, lasciando basita l’insegnante.
Se c’è una persona che aveva un merito di tutto questo era zio Alfredo, che nei primi otto anni della mia vita mi allevò a suon di musica classica e operistica e non limitandosi all’ascolto, bensì mi recitava anche i testi delle romanze per farmi meglio comprendere il libretto dell’opera.
Avevo una venerazione per Giuseppe Verdi e non appena imparai a leggere discretamente, lessi e rilessi più volte un libro sulle sua vita scritto da Luigi Orsini, al punto di impararlo quasi a memoria. Fu così che un giorno a scuola, decisi di dedicare il tema libero di un compito in classe al Maestro di Busseto, scrivendo per ore e ore, sforando l’orario a disposizione, ma facendo sì che i professori mi lasciarono fare, incuriositi da quanto stavo scrivendo. Il mio tema (ndr: link al testo) non era grammaticalmente esemplare, tutt’altro, ma colpì i docenti per la completezza delle informazioni citate. Suor Luisa Angelica decise di inviarlo per conoscenza al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, che mi omaggiarono con alcuni biglietti gratuiti per i concerti verdiani, un regalo che mi riempì di gioia. Ma torniamo a Chissà chi lo sa. La partecipazione prevedeva una dura preparazione, gli autori della trasmissione ci imposero una particolare attenzione alla suite Quadri da un’esposizione di Modest Petrovič Musorgskij, autore che fino a quel momento conoscevo solo per la maestosa opera Una notte sul Monte Calvo. Non fu facile imparare a riconoscere i dieci acquarelli dell’artista Viktor Aleksandrovič Hartmann che ispirarono il compositore russo e separati tra loro dalla celeberrima e ripetitiva Promenade. La mattina della registrazione un pulmino della RAI venne a prenderci presso l’Istituto, ci portarono alla sede di Corso Sempione dove ci fecero ascoltare per l’ultima volta in cuffia la suite di Musorgskij, quindi ci trasferirono negli studi della Fiera di Milano, dove, dopo un veloce pranzo alla mensa, iniziò la lunga ed estenuante registrazione della puntata che sarebbe andata in onda in sabato successivo. Le domande furono toste, date e luoghi delle prime rappresentazioni operistiche, dovevamo essere celeri a riconoscere dalle prime note gli strumenti musicali, i brani di musica classica, oppure i famosi quadri della Suite e non era facile tener testa ai nostri avversari del Conservatorio, che per loro era pane quotidiano. Ospiti della trasmissione furono il violinista Salvatore Accardo, superlativo come sempre, che catalizzò la mia attenzione con i suoi virtuosismi e il chitarrista dei Capsicum Red, un certo Red Canzian che in quel momento mi passò inosservato, tanto che mi feci fare l’autografo solo perché glielo chiesero tutte le mie compagne. Compresi e apprezzai la sua bravura solo un anno dopo, quando entrò a far parte dei Pooh, da sempre il mio gruppo preferito, affermandosi quale uno dei più grandi bassisti italiani. Vincemmo la puntata con grande soddisfazione e con il punteggio di 19 a 13, mamma RAI ci premiò con due volumi dell’Enciclopedia Universale Garzanti, mentre la Preside dell’Istituto donò ad ognuna di noi un pendente a forma di ghianda in diaspro marrone e racchiuso in foglie d’argento. Un’esperienza fantastica, indimenticabile e soprattutto orgogliosa di aver partecipato ad una trasmissione culturale della televisione nazionale. Da squadra vincente, l’anno successivo avremmo dovuto partecipare alla prima puntata della subentrante trasmissione Scacco al Re, condotta da Ettore Andenna, ma alla fine la chiamata non è arrivata. Come spesso accade non tutti i mali vengono per nuocere, perchè in quei mesi d’attesa presso Istituto avevano organizzato un corso avanzato di scacchi, gioco al quale forse non mi sarei mai avvicinata se non ci fosse stata questa occasione.

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

(Crediti foto: http://www.istitutodineuroscienze.it/newsletters/prof-stefano-pallanti-nel-chissa-sa/)

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