Wabi Sabi, la bellezza dell’imperfezione.


Quando guardo Kimi, mi rendo conto quanto sia bello nonostante l’orecchietta sinistra piegata, una bellezza non estetica, bensì è osservandolo con gli occhi del cuore che posso cogliere la dolcezza del suo sguardo, la sua pacatezza nell’accettare i cambiamenti degli anni che inesorabilmente passano anche per lui.
I miei studi delle varie filosofie orientali e in particolar modo dello zen, mi hanno aperto un mondo, soprattutto la conoscenza di alcuni termini giapponesi che non hanno solo un significato letterario, come nel caso di wabi sabi, due parole che significano “semplicità” e “bellezza che deriva dallo scorrere del tempo”, una sorta di sensibilità armonica che si sviluppa fino a diventare una filosofia di vita, accettando con serenità lo scorrere del tempo, la semplicità e le varie fasi della vita, un ciclo continuo che contempla anche le imperfezioni e soprattutto l’impermanenza.
Sfogliando l’album fotografico dell’ultimo decennio, non faccio paragoni di com’ero e come sono ora. Per molto tempo ho ritenuto fondamentale tingermi i capelli per nascondere la prime sfumature grigie poi improvvisamente ho deciso di tornare alla mia chioma al naturale, accettando con equanimità questo cambiamento radicale di mostrarmi brizzolata.
Il wabi sabi m’insegna l’unicità e la sobrietà nell’affrontare gli anni che passano, a contemplare e non osservare. Osservando ci si pongono delle domande, a volte si giudica o si cambia atteggiamento verso qualcosa o qualcuno. Contemplando si apprezza solo ciò che si ha davanti, senza ricercare pregi o difetti, lasciando tutto così com’è, un atteggiamento che induce ad azzittire il caos della mente, raggiungendo la calma e sentendosi pervadere da un gran senso di pace.

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

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