Solitamente me le concedo nel periodo natalizio, quest’anno ne ho voglia con oltre un mese di anticipo e non me le sono fatte mancare nell’ultima spesa che Esselunga mi ha portato a casa.
Tre bellissime ed invitanti melagrane rosse, che consumerò per qualche giorno a merenda dopo quando riprenderò a fare i miei canonici 45 minuti quotidiani di cyclette.
Spesso rappresentata nella mano di Gesù Bambino da pittori del XV e XVI secolo, greci e babilonesi la consideravano un simbolo terreno del potere divino e tutte le maggiori religioni ritenevano la melagrana un simbolo di abbondanza e prosperità.
Alcuni studiosi dell’Antico Testamento ipotizzano addirittura che fosse il frutto proibito dell’Eden, per l’Islam la si trova nel Giardino del Paradiso tra le cose buone create da Allah e rappresenta le lacrime di Fatima, la quarta ed ultima figlia di Maometto.
Nella cultura ebraica è il simbolo della giustizia in quanto ritengono che la melagrana abbia 613 semi, il numero esatto che corrisponde ai comandamenti della Torah, dei quali 365 sono divieti e 248 obblighi da rispettare per tenere un comportamento virtuoso.
La pianta di melograno era anche sacra alle dee dell’amore, la romana Venere e la greca Afrodite e alle protettrici del matrimonio Giunone e Era, entrambe spesso raffigurate con un frutto nella mano destra.
Mangiarne 12 grani a Capodanno dicono porti bene, così pure appendere un frutto sopra la porta d’ingresso per allontanare le energie negative e la sfortuna, inoltre bruciare la buccia essiccata come incenso è ritenuto di buon auspicio per le entrate di denaro.
Storia, miti e leggende a parte, la melagrana è un frutto amico della salute e bellezza delle donne, vermifugo naturale, grazie al contenuto di polifenoli che possono prevenire la formazione delle cellule del cancro al seno, aiuta a mantiene i vasi sanguigni puliti dal colesterolo per l’azione dell’acido ellaico, inoltre è un’ottima fonte di vitamine E e C (un frutto ne contiene addirittura il 48% del fabbisogno giornaliero), selenio e beta-carotene.
Recenti studi hanno dimostrato che aiuta anche a promuovere la generazione cellulare e la rigenerazione della pelle, decretando il consumo della melagrana un anti-invecchiamento naturale (fonte Smatfood-IEO).
Un frutto davvero speciale che Carducci e García Lorca hanno ricordato in due splendide poesie che di seguito voglio riportare:
PIANTO ANTICO di Giosuè Carducci
L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
ODE ALLA MELAGRANA di Federico Garcia Lorca
È la melagrana profumata
un cielo cristallizzato.
(Ogni grana è una stella
ogni velo è un tramonto.)
Cielo secco e compresso
dalle unghie del tempo.
La melagrana è come un seno
vecchio di pergamena,
e il capezzolo si è fatto stella
per illuminare il campo
È un’arnia minuscola
col favo insanguinato,
e le api l’hanno formata
con bocche di donne.
Per questo scoppiando ride
con porpore di mille labbra…
La melagrana è un cuore
che batte sul seminato,
un cuore sdegnoso
dove non beccano gli uccelli,
un cuore che fuori
è duro come il cuore umano
ma dà a chi lo trafigge
odore e sangue di maggio.
La melagrana è il tesoro
del vecchio gnomo del prato,
quello che parlò con la piccola Rosa,
nel bosco solitario.
Quello con la barba bianca
e il vestito rosso.
È il tesoro che ancora conservano
le verdi foglie dell’albero.
Arca di pietre preziose
in visceri di oro vago.
La spiga è il pane. È Cristo
in vita e morte rappreso.
L’olivo è la costanza
della forza e del lavoro.
La mela è il frutto carnale,
sfinge del peccato,
goccia di secoli che tiene
i contatti con Satana.
L’arancio è la tristezza
delle corolle profanate,
così diventa fuoco e oro
ciò che prima era puro e bianco.
Le viti sono la lussuria
che si coagula nell’estate,
e da esse la chiesa ricava,
benedetto, il santo liquore.
Le castagne sono la pace
del focolare. Cose d’altri tempi.
Crepitare di vecchi legni,
pellegrini smarriti.
La ghianda è la serena
poesia del passato,
e il cotogno d’oro debole
la pulizia della salute.
Ma la melagrana è il sangue,
sangue sacro del cielo,
sangue di terra ferita
dall’ago del torrente.
Sangue del vento che viene
dal rude monte graffiato.
Sangue del mare tranquillo,
sangue del lago dormiente.
La melagrana è la preistoria
del sangue che portiamo,
l’idea di sangue, chiuso
in globuli duri e acidi,
che ha una vaga forma
di cuore e di cranio.
O melagrana aperta, tu sei
una fiamma sopra l’albero,
sorella carnale di Venere,
riso dell’orto ventoso.
Ti circondano le farfalle
credendoti un sole fermo
e per paura di bruciarsi
ti sfuggono i vermi.
Perché sei la luce della vita,
femmina dei frutti. Chiara
stella della foresta
del ruscello innamorato.
Potessi essere come sei tu, frutto,
passione sulla campagna!
Emanuela Trevisan Ghiringhelli


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