Quanto è bello il mio lago incorniciato dalle Alpi e dalle Prealpi Varesine!
Pur lambendo il territorio del mio paese è ben lontano dal centro abitato, ma non importa, mi basta fare quattro passi fino al Belvedere per poterlo ammirare in tutta la sua bellezza e godere di romantici tramonti che si specchiano nelle sue acque.
Sia ammirandolo dall’alto o passeggiando sui sentieri che lo costeggiano e scorgendolo tra i tanti canneti, percepisco una forte attrazione che si tramuta in un invito alla meditazione e a momenti di introspezione, quasi sapesse che le sue acque calme mi trasmettono quella giusta serenità per dedicare del tempo solo a me stessa.
Adoro percorrere in bicicletta i ventotto chilometri di ciclopedonale, sempre senza fretta, fermandomi a contemplarlo da vicino dal lido di Bodio e di Cazzago Brabbia, da Biandronno e Gavirate.
Anticamente il lago era conosciuto con i nomi delle varie rive poi venne chiamato lago di Gavirate o della Valbodia (l’attuale Valbossa), ovvero dei due feudi da cui dipendeva, quindi Lago Grande a seguito della vendita dei diritti di pesca di tutti i laghi varesini e solo alla fine con il suo nome attuale, Lago di Varese, nonostante nell’antico mercato cittadino della Motta si vendesse da sempre il suo pescato.
Questo piccolo gioiello di origine glaciale, che con i suoi 15 chilometri quadrati si pone al quattordicesimo posto nella lista dei laghi italiani per estensione, ha scritto un’importante pagina di storia degli abitanti lacustri proprio grazie alla pesca, che da testimonianze storiche già nel XI secolo le popolazioni rivierasche esercitavano le rispettive libertà d’uso, prima che i diritti di pesca passassero allo Stato di Milano durante il dominio spagnolo. Successivamente tali diritti furono acquisiti prima dai Biglia poi dai Visconti Litta e infine dai Ponti. Solo nei primi decenni del ‘900 vennero venduti ai pescatori locali, riuniti nella Società Mutua Cooperativa dei Pescatori con sede a Calcinate del Pesce.
Per favorire la riproduzione del pesce persico, a inizio marzo si svolgeva una sorta di rituale tra i pescatori, ovvero la posa delle fascine, composte da rami legati con spago e mantenute sul fondo con dei pesi, dove questa pregiata specie ittica deponeva le uova ed era anche un riparo sicuro per gli avannotti.

La barca tipica usata per la pesca era il barchét, dalla prua appuntita e la poppa spaziosa, che riusciva a muoversi facilmente tra i canneti, grazie anche a un remo molto lungo, barche che spesso venivano costruite anche dai pescatori stessi, pur privi di nozioni tecniche, ma consapevoli di come doveva essere un’imbarcazione per muoversi agilmente in questo contesto.
Della pesca ne parlò anche lo scrittore francese Marie-Henri Beyle, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Stendhal, che durante un suo viaggio in Italia, attorno al 1820, dopo essere stato ammaliato dalla vista dal Sacro Monte dei sette laghi varesini al tramonto, scrisse ai suoi amici: «Nous allons pêcher du pesce persico sul le lac de Varese» (Andremo a pescare pesce persico sul Lago di Varese).
E come non rimanere affascinati dei giazzér, le ghiacciaie di Cazzago Brabbia, una sorta di trulli con il tetto conico in pietra, edificati verso la metà del ‘700, dove veniva conservato a lungo il pesce prima che venisse venduto anche ai mercati di Milano. A questo monumento della cultura rurale del nostro territorio, avevo dedicato un articolo su queste pagine, corredato da alcuni scatti in bianco e nero del nostro bellissimo lago.
Le sue acque sono sorvolate da circa 170 le specie di uccelli, tra i quali alcune specie di anatre che nuotano tra i canneti come la moretta tabaccata e la canapiglia o aironi come il tarabuso e l’airone rosso, molte delle quali provengono dalla vicina riserva naturale della Palude Brabbia, gestita dalla LIPU e che tutela uno degli esempi meglio conservati di torbiera bassa pedemontana di origine post-glaciale.
Il lago di Varese vanta anche una piccola isola, in origine chiamata di San Biagio, quindi Isola di Donna Camilla Litta, nome che restò fino al 1878 quando il suo ultimo proprietario, l’industriale gallaratese Andrea Ponti, la chiamò Isolino Virginia in onore della moglie Virginia Pigna.
A seguito del ritrovamento nel 1863 di resti del più antico insediamento palafitticolo dell’arco alpino tra i più rilevanti della preistoria europea, ora conservati al Museo Ponti sull’isola stessa, dal 2011 l’Isolino Virginia è iscritto nella lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO del sito seriale e transazionale dei “Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino”.
La vocazione turistica del Lago di Varese ebbe inizio alla fine del XVIII secolo, visitato anche da alcuni illustri viaggiatori oltre a Stendhal, come il filosofo francese Hyppolite Taine, che nel suo Voyage in Italie (1864-1866) lo decanta per i panorami mozzafiato che incontrò andando da Varese verso Laveno, dedicandogli sincere parole di ammirazione: «C’est la fraîcheur d’un paysage anglais parmi les nobles lignes d’un tableau de Claude Lorrain» (È la freschezza di un paesaggio inglese tra le linee nobili di un dipinto di Claude Lorrain).
Anche lo scrittore inglese Richard Bagot nel suo libro The Italian Lakes scriveva nel 1905: «Ad una conoscenza superficiale risulta essere un lago poco interessante, tuttavia col tempo il suo fascino aumenta… riflette con molta chiarezza “le armate delle nuvole che non smettono mai di rotolare dalle cime delle Alpi fino alle dolci pianure della fertile Lombardia».

Grazie alle sue acque calme e piatte, il Lago di Varese invita alla pratica del canottaggio ed è bellissimo e rilassante vedere i vogatori di tutte le età allenarsi. Ma questo suggestivo specchio d’acqua non è solo solo un “campo” di allenamento scelto anche dalle nazionali australiane, che hanno creato una loro sede a Gavirate (AIS European Training Centre “a home away from home for Australian Sport”), bensì da alcuni anni ospita anche una prova della Coppa del Mondo di Canottaggio che si tiene alla Schiranna di Varese, un contesto molto apprezzato dagli atleti che gareggiano circondati da un impareggiabile panorama.
Emanuela Trevisan Ghiringhelli


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