E bravo Renato! Ci mancava un libro che raccontasse la tua storia, i tuoi ricordi, la tua versatilità di artista che spazia dal cabaret, al cinema e teatro italiano.
Leggendo “Ne uccide più la gola che la sciarpa. La mia storia” mi sembrava di essere seduta a un tavolino di un bar di Laveno, vista lago, ad ascoltare Pozzetto mentre si racconta con la sua caratteristica verve, partendo dal suo “paese delle meraviglie”, Gemonio, dove la sua famiglia e quella dell’amico di sempre e partner artistico Cochi Ponzoni si trasferirono da Milano, sfollati per sfuggire dai bombardamenti, uno dei capitoli più belli del libro per quei ricordi semplici della vita di paese di una volta.
Poi la memoria lo riporta nel dopoguerra a Milano, quando i due amici danno vita al duo Cochi e Renato facendo la gavetta nei locali off della città meneghina, poco conosciuti ma che hanno contribuito alla loro crescita artistica. Racconti nostalgici della grande amicizia con Enzo Jannacci che lo ha portato ad esibirsi in quello che ai tempi era considerato il tempio del cabaret e della milanesità, quel Derby che ha consacrato il suo successo, aprendogli le porte della televisione grazie a quell’umorismo irresistibile e l’abilità di trasformare le sue esperienze di vita in sketch comici memorabili, fino alle performance teatrali di grande successo e al cinema che lo ha visto interprete di oltre settanta film.
Renato racconta delle sua grande passione per i motori, dalla prima Fiat 500 alla Rolls Royce acquistata dai Moratti e dalla quale non si è mai separato, facendomi venire in mente un pomeriggio del 1967/1968 quando da bambina ho assistito alla scena mentre cercava invano di convincere il portinaio dell’ospedale di Varese di lasciarlo entrare con la sua lussuosa auto per parcheggiare nel cortile interno, ingresso che gli era stato negato.
Il suo bramoso interesse non si ferma alle auto ma tocca anche le barche, in primis i lussuosi e bellissimi motoscafi Riva e anche le competizioni motoristiche che lo portano a partecipare ad un paio di edizioni della Parigi Dakar, un Pozzetto per me davvero inedito.
Il libro non è solo un’autobiografia, bensì anche un coinvolgente racconto che raggiunge le sfumature più intime della vita di uno degli artisti più amati dal pubblico italiano, il suo amore per i genitori, i fratelli, l’adorata moglie ed i figli.
L’ultimo capitolo è emozionante. Renato parla del Paradiso, che spera di raggiungere non prima di aver assaggiato quel bianco secco e lo spumante del vitigno Liseiret in Alta Langa, vini che verranno pronti tra qualche anno. Lì ritroverà la sua amata Brunella ed il suo amico Enzo Jannacci con il quale magari, ricomincerà a cantare.
Con “il libro è finito. TAAC!” si chiude l’ultimo capitolo, ma in realtà Pozzetto regala ai lettori un’appendice, una storia semplice e tenera che altro non è che il seguito de Il ragazzo di campagna, con la nostalgica speranza che qualche produttore possa far tornare nelle sale cinematografiche l’Artemio e la sua amata mucca Renata.
Emanuela Trevisan Ghiringhelli


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