Dove finisce l’arcobaleno, nella tua anima o all’orizzonte? (Pablo Neruda)


Pare quasi che l’abbia invocato pubblicando l’articolo sul mio talismano raffigurante uno Yeii Kokopelli Arcobaleno e nel tardo pomeriggio di oggi eccolo comparire nel cielo ad est, dopo un breve temporale, illuminato dal sole ormi vicino al tramonto.
Bellissimo, un arco completo che pare esploso dalla nuvola bianca che lo sovrasta. Nella mia vita non ho mai visto tanti arcobaleni come in questi ultimi cinque anni, da quando ci siamo trasferiti in questa casa, coincidenza che mi ha portato ad indagare sui suoi tanti significati secondo le varie culture e tradizioni.
Nel libro della Genesi è considerato un segno, il patto tra Dio e l’umanità, che lo fece apparire dopo il diluvio universale promettendo a Noè che non avrebbe più inondato la Terra.
Nel Buddhismo si narra che da lì scesero Buddha e i primi sovrani del regno, che alla loro morte si trasformavamo in arcobaleno facendo ritorno nel regno dei cieli e anche in Tibet era considerato una sorta di legame tra Cielo e Terra, mentre nella religione induista è chiamato Indradhanush, ovvero l’arco di Indra, dio del fulmine e del tuono.
Gli antichi Egizi ritenevano che i sette colori che componevano l’arcobaleno erano i sette veli di Iside, Dea della vita, della guarigione, della fertilità e della magia, mentre per i Babilonesi erano le sette pietre iridate della collana di Ištar, Dea dell’amore, della fertilità e dell’erotismo.
Se in Cina era considerato una frattura del cielo tenuta aperta da Nüwa, divinità mitologica della creazione, nell’antica Grecia la figura mitologica di Iris era la Dea dell’arcobaleno e messaggera degli Dei vestita di gocce di rugiada iridescenti, molto luminose e di colore variabile. Da questa leggenda mitologica è nato il nome iride per la membrana colorata dell’occhio.
Tornando nell’antico continente ella mitologia norrena l’arcobaleno è chiamato Ponte di Bifröst, che collega il regno degli dei Ásgard a Midgard, la casa degli uomini.
In Irlanda invece c’è la leggenda di Leprechaun, il folletto ciabattino molto bizzarro a cui piace fare scherzi soprattutto ad avari e ladri e che in suo onore il giorno di San Patrizio si usa lasciare un bicchiere di latte sul davanzale della finestra. Narra che avrebbe nascosto un pentolone pieno di monete d’oro dove finisce l’arcobaleno, mettendo uno gnomo cattivo a guardia per impedire ai non meritevoli di appropriarsi del tesoro.
Un’antica tradizione popolare invitava i contadini ad osservare bene l’arcobaleno per individuare il colore predominante per capire quale sarebbe stato un buon raccolto: il violetto di uva e vino, l’azzurro di castagne, l’arancione di granoturco, il giallo di frumento, il verde di ortaggi e fieno e infine il rosso di olio.
Personalmente quando vedo un arcobaleno mi sento pervadere da una ventata di positività, la conferma dell’impermanenza, che tutto cambia, che dopo il brutto arriva sempre il bello.

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

(crediti: https://www.sottounarcobalenodiluce.com)

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