Amo sporcarmi le mani di terra, sentirla scorrere tra le dita, quel bene prezioso che conserva, nutre e fa germogliare quei semi che poi diventano frutti per il nostro sostentamento.
Dedicarmi al giardinaggio “da balcone” mi rilassa, mi fa apprezzare ancor di più tutte le meraviglie della natura. Oggi ho levato dal vaso i bulbi dei miei tulipani rossi e bianchi ormai sfioriti, li ho fatti asciugare al sole, quindi riposti nella carta da giornale e messi a riposare finché non li pianterò nuovamente il prossimo anno nello stesso vaso rosso. Una sorta di rituale, fatto con tanto amore e una sorta di devozione per quei bulbi, custodi delle rifioritura e riproduzione della natura.
Facendo tesoro dei benefici della luna nuova, ho anche rinvasato alcune piante che è stato per me un momento di riflessione che va al di là della pratica del giardinaggio.
Sebbene negli ultimi giorni siano state esposte a piogge copiose, i rami ed il tronco erano un pò umidi, ma il pane di terra completamente asciutto, cosa che mi ha facilitato l’estrazione della pianta dal vecchio vaso. Ho cercato di smuovere delicatamente la terra attorno alle radici ma non è stata un’impresa facile. Dopo il rinvaso ho osservato attentamente altre piante: l’alloro, il limone. I due alberelli di Giada dalla chioma foltissima….. anche la superficie della terra di questi vasi era appena, appena umida, nonostante siano state per giorni sotto la pioggia battente.

Ho riflettuto su questa cosa, collegandola ai dissesti provocati dal cambiamento climatico. Forse abbiamo tagliato troppi alberi, distrutto troppe foreste e boschi, piante che contribuivano a proteggere il terreno, far sì che non si sfaldasse sotto l’impeto delle forti piogge, provocando frane e alluvioni.
Da questa riflessione la mia mente è volata ad altro…. Mi è bastato alzare gli occhi al cielo per vedere le tante, troppe scie di aerei. Ricordo da bambina quando ogni tanto mi portavano a Linate o Malpensa per assistere ai decolli e atterraggi. A volte davamo attendere un’ora prima di vedere un velivolo in movimento…. Erano gli anni ’60.
Oggi, sessant’anni dopo, il traffico aereo globale stimato è di 200.000 voli al giorno tra passeggeri e cargo, circa 3800 solo in Italia, con un impatto pari a circa il 3% delle emissioni di CO2. A volte rimpiango il cielo pulito da scie dei tempi del lockdown.
Ancora peggio è l’inquinamento provocato dalle navi da crociera, ben 515 transatlantici di oggi contro i 21 nel 1970, con emissioni di CO2 sempre in aumento (il 20% in più nel 2022 rispetto al 2019), in pratica ogni giorno una nave da crociera produce CO2 pari a quella emessa da 13 milioni di automobili.
A queste vanno aggiunte le oltre 50.000 navi cargo che ogni giorno solcano mari e oceani, 17.000 delle quali trasportano quotidianamente 20 milioni di container, 10.000 dei quali vengono persi ogni anno in mare. Questo traffico marittimo emette in atmosfera qualcosa come un miliardo di tonnellate di anidride carbonica all’anno, contribuendo significativamente al riscaldamento globale.
Ma l’impatto maggiore lo produce il traffico su gomma, contribuendo in modo più significativo alle emissioni globali di CO2 con il 14%, un insieme di dati allarmanti che, a mio modesto parere, sono figli della globalizzazione.
Ho 65 anni, non ho figli o nipoti, egoisticamente potrei fregarmene se questo pianeta va a rotoli, ma lo amo a prescindere, per quanto mi ha donato in questi 23.808 giorni di vita e continua a donarmi grazie alla natura, che seppur bistrattata continua a rinascere con tenacia.
Bisognerebbe dotarsi tutti di un’immaginaria macchina del tempo e tornare agli anni in cui si andava a far la spesa nel negozietto sotto casa o per i più fortunati, direttamente dai contadini. Se tutti ci impegnassimo in tal senso, non sarebbe sicuramente la panacea per il nostro pianeta, ma contribuirebbe a migliorare la sua salute già troppo precaria.
E se ci accontentassimo di trascorrere le vacanze visitando le nostre belle città, i meravigliosi borghi antichi, soggiornando nei tanti agriturismi e rinunciassimo alle crociere, forse non costruirebbero più palazzi galleggianti.
Ma le mie forse sono paturnie di una sessantacinquenne che vive ancora nel suo paese delle meraviglie, parlando con gli insetti e le lumache che trova tra i fiori e nonostante tutto si stupisce ancora di quanto sia incantevole la natura.
Emanuela Trevisan Ghiringhelli
(Fonti: http://www.transportenvironment.org, http://www.lifegate.it, http://www.focus.it)


A questo si deve aggiungere un sistema produttivo usa e getta appena fuori garanzia, ormai globalizzato. Uno smartphone fatto per durare qualche anno dove lo trovi? Dovrebbe avere batterie e display facilmente staccabii, oltre che standardizzati, in modo che fosse facile la sostituzione. De Crescenzo osservava che le auto dovrebbero avere il paraurti alla stessa altezza, in modo che non s’incastrassero fra loro in caso di piccoli urti… ecc.
Basterebbe imporre alcuni obiettivi a livello globale…
invece si continua lo spreco e ad intasare le discariche.
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