Tornerai, maledetta primavera


Mi verrebbe voglia di imprecare contro questa stagione che mi ha donato solo pochissimi momenti di stupore all’alba e al tramonto. L’aria fredda, la pioggia e il vento che hanno caratterizzato questi primi 38 giorni di primavera, inviterebbero a poltrire sotto le coperte anziché ad uscire di casa e godere del fantastico risveglio della natura.
Se fossi egoista, direi «meglio così». Devo aspettare ancora un pò di tempo prima di potermi concedere qualche passeggiata ed avere alleato Giove Pluvio, mi rende meno pesante questa attesa.
Cerco di godermi comunque i paesaggi naturali che questa anomala primavera mi sta regalando. Percorrendo le strade secondarie all’interno del Parco del Golfo della Quassa ho scoperto panorami mozzafiato incorniciati da un cielo plumbeo che esaltano i colori della natura, distese di prati multicolore che sembrano usciti dal pennello di Van Gogh.
Tra il verde tenue della giovane erba, spuntano macchie gialle dei fiori di tarassaco, ma sono le spighe di pancucco a donare quell’intensa e suggestiva sfumatura rossa.

Ho vissuto l’infanzia e l’adolescenza a Milano e mi sono persa quei preziosi attimi di vita di campagna che molti miei coetanei ricordano ancora con piacere e che cerco solo di immaginare grazie ai racconti di mio marito, di quando, da ragazzo, era usanza andare nei campi e succhiare i gambi dei fiori di pancücc, dal gradevole sapore acidulo.
Detto anche erba brusca e acetosa di pecora, la Rumex Acetosa (questo è il nome botanico del pancucco) in antichità veniva impiegata nella medicina popolare per le cure primaverili depurative, grazie alle proprietà stomachiche, blandamente lassative e diuretiche, ma era conosciuta sin dai tempi degli Egizi, dove veniva servita a fine pasto alla mensa del Faraone come digestivo e nel Medioevo usata nella preparazione di minestre e insalate.
Anche questa anomala primavera mi insegna che nella vita nulla è scontato, ma soprattutto fa parte di quel ciclo naturale dell’impermanenza, dove tutto continua a mutare in modo passeggero. Quindi non ti maledico primavera, ti lascio fare, godendo degli attimi di stupore che mi doni nonostante il freddo e la pioggia, in attesa di quel mutamento che prima o poi verrà.

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

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