Se dovessi descrivere quale sia il legame affettivo che mi lega a Milano, la città dove sono nata ed ho vissuto i primi 16 anni della mia vita, sinceramente non lo so. Sono tante e diametralmente opposte le sensazioni che provo.
Vivo a soli 50 chilometri dal dal capoluogo lombardo eppure le mie visite negli ultimi anni sono molto rare. Lo scorso gennaio vi ero tornata dopo quasi un decennio di assenza, ma solo per assistere all’inaugurazione di una mostra d’arte, pertanto mi sono limitata a vedere i cambiamenti della città ammirandola dall’alto del grattacielo Pirelli.
A distanza di tre mesi ci sono tornata ieri in compagnia di una coppia di amici, Barbara e Andrea, che avevano espresso il desiderio di visitare i navigli, quindi non mi sono fatta scappare l’occasione per unirmi a loro con la mia fedele Nikon.









I navigli che ricordavo, quelli di quasi cinquanta anni fa, quando non erano ancora il luogo simbolo della movida milanese, sono la parte di Milano che amo di più, che mi evocano i ricordi più belli della mia adolescenza e li frequentavo quasi quotidianamente per scattare le foto dei vecchi cortili e case di ringhiera, compiti che mi dava mio zio Giorgio Casali affinché imparassi l’arte della fotografia. Con al collo la pesante Kiev, m’incamminavo dal suo studio fotografico di Via Col del Rosso e raggiungevo i navigli passando per le Colonne di San Lorenzo, scattando foto anche lungo il tragitto e noncurante della pellicola che consumavo.
Non pensavamo di trovare così tanta gente in giro per Milano, molti turisti stranieri ma soprattutto italiani. Un fiume di folla sia ai lati del Naviglio Grande e soprattutto mano a mano ci avvicinavamo al centro città passeggiando. Era quasi impossibile camminare a passo spedito in via Torino, tra le lunghe code di gente in attesa di poter entrare nei negozi, così pure nella gremitissima piazza Duomo, in galleria e sotto i portici.












Non ricordavo di aver mai trovato tanta gente in giro, nemmeno quando avevamo l’abitudine di venire a Milano nel giorno dell’Immacolata per la fiera degli Oh bej! Oh bej! …ma sto parlando di almeno un quarto di secolo fa.
Il Duomo per me è e sarà sempre la cattedrale più bella del mondo, il simbolo di Milano al di là del credo religioso e delle obbrobriose palme che dovrebbero abbellirne la piazza. In fondo in fondo nono orgogliosa di essere nata a Milano, alla quale Giovanni D’Anzi ha dedicato molte canzoni del suo repertorio e cantate in dialetto milanese, quella lingua madre che si parlava nella quale sono cresciuta, la città che ha dato i natali alla grande poetessa Alda Merini.












Tornando a ieri, mi sono divertita a fotografare quella Milano che ho riscoperto dopo tanti, troppi anni di assenza. Non vorrei tornarci a vivere, amo troppo i silenzi che mi circondano, la natura e i paesaggi che ho attorno, ma sicuramente la mè Milan non dovrà aspettare ancora molti anni prima di rivedermi.
Grazie Barbara e Andrea per aver avuto tanta pazienza mentre scattavo questo reportage Nostalgia de Milan, una sorta di breve ma intenso viaggio meditativo che come una macchina del tempo mi ha riportato alla mia giovinezza.
Non è che dalle cuspidi amorose
crescano i mutamenti della carne,
Milano benedetta
Donna altera e sanguigna
con due mammelle amorose
pronte a sfamare i popoli del mondo,
Milano dagli irti colli
che ha veduto qui
crescere il mio amore
che ora è defunto.
Milano dai vorticosi pensieri
dove le mille allegrie
muoiono piangenti sul Naviglio.
{Alda Merini — Per Milano}
Emanuela Trevisan Ghiringhelli
Bel reportage fotografico e bel racconto. Ottimo il prima e il dopo con le stesse foto b/n e a colori
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Grazie Simone! 🙏
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