Alzi la mano chi non ha almeno un profilo social, chi usa lo smartphone solo come telefono (in fondo non avrebbe senso!) o chi accende il computer, fisso, portatile o tablet che dir si voglia, solo per motivi professionali o di studio.
Se avessi una platea davanti a me, sarebbe una calma piatta, nessuno alzerebbe la mano per rispondere positivamente al mio quesito e anch’io sarei tra questi.
Nell’era di internet 3.0 ormai tutti si sono armati di un mezzo che li possa catapultare nel mondo virtuale dei social network, chat, gioco d’azzardo online, cybersesso, praticamente un universo che ha ben poco di sociale e spesso si tramuta in qualcosa di patologico.
Basta guardarsi attorno in qualsiasi ambito, locali pubblici, mezzi di trasporto e per strada per realizzare che la gente ha perso l’abitudine di parlare, tutti intenti ad armeggiare con lo smartphone persino alla guida dell’auto, in questo caso mettendo a repentaglio, oltre la propria vita, anche quella di altri poveri malcapitati.
Pare che non si possa vivere senza un costante contatto con il mondo virtuale, qualsiasi esso sia e sempre a discapito delle buone chiacchierate tra amici e dei rapporti personali, con il rischio di cadere vittima della sindrome di Hikikomori, termine giapponese dalle parole hiku “tirare” e komoru “ritirarsi” e la cui traduzione letterale è “stare in disparte, isolarsi” recentemente associato anche all’abuso di internet.
Ma questa patologia del Sol Levante non è l’unica, c’è anche il FOMO (Fear Of Missing Out), ovvero la paura di essere emarginati ed al quale sono legati molti utenti dei social network che non vogliono perdersi nulla dei profili dei propri amici, veri o virtuali che siano e influencer, temendo di essere tagliati fuori da tutto quanto fa tendenza.
Purtroppo c’è anche spazio, tanto cyber spazio per chi vuol farsi veramente male, il Dark Net, una grossa fetta di mondo virtuale, dagli esperti stimata 500 volte più grande rispetto al web, dove è possibile muoversi liberamente nell’illecito, dove pedofili e terroristi trovano un ambiente fertile, che si tramuta in una sorta di mercato nero per trafficanti d’armi e di droga.
Ma come è possibile tutto questo? Uno dei modi più seguiti è quello di accedere alla Dark Net per mezzo di Tor, un software che fa rimbalzare il traffico dati tramite vari sitemi crittografici e che garantisce l’anonimato degli utenti rendendo invisibile l’indirizzo IP del computer.
Sicuramente è inquietante sapere che nel ventunesimo secolo sia possibile muoversi così liberamente in siti altamente pericolosi soprattutto per i giovani, senza che si possa bloccarne il traffico da parte degli organi competenti.
Il mondo della tripla W ha aperto un universo sconfinato, che comunque bisogna saper dosare con saggezza ed intelligenza per non correre il rischio di cadere nelle maglie di quella che si presenta come una nuova dipendenza e che può avere forti ripercussioni sull’autostima di utenti di qualsiasi età.
Emanuela Trevisan Ghiringhelli
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