Quel sottile filo che separa il dovere di cronaca all’audience ad ogni costo


Le ore della mia vita che dedico alla TV sono sempre meno, unicamente spese a guardare vecchi film e la mia serie preferita, Blue Bloods, dedicata alle vicende dei Reagan, poliziotti newyorkesi da tre generazioni e soprattutto una grande famiglia di origine irlandese legata da forti legami e valori. Spesso guardo i video clip musicali di RTL 102.5 Best mentre sono sulla cyclette, una buona compagnia che mi aiuta a sostenere il ritmo delle pedalate, grazie alla meravigliosa musica degli anni ’70 e ’80. Talvolta la TV si accende su un canale dove sta andando in onda un talk show e mi soffermo qualche istante incuriosita dall’argomento del momento che spesso mi fa ridere per non piangere. La scorsa settimana mi è capitato di sentire su un canale RAI il dibattito sulle vicende ereditarie di Gina Lollobrigida, chiedendomi se veramente potessero interessare a qualcuno. Anche i TG dei vari palinsesti sono inguardabili. Per vincere la gara degli ascolti viene chiesto ai giornalisti di agire come bulldozer, pronti a carpire e riportare l’ultima notizia, professionisti improvvisati dell’informazione che reputo sempre più limitati, armati solo di una buona dose di pelo sullo stomaco, faccia tosta ed insensibilità, al punto presentarsi candidamente ai familiari di vittime di ogni genere e pretendere con insistenza dichiarazioni. Poco importa se viene calpestata la sensibilità altrui, l’importante è mandare in onda il pezzo ad effetto, spesso accompagnato da video reperiti sul web, a volte senza nemmeno accertarsi dell’attendibilità.
Molti ultracinquantenni ricorderanno quel bellissimo film di Sidney Lumet, Quinto potere, uscito nelle sale cinematografiche nel 1976, interpretato da Peter Finch, Faye Dunaway, William Holden e che l’anno successivo fece incetta di statuette dell’Academy Award e Golden Globe. Voleva essere una sorta di parodia, quasi ironica e satirica, nei confronti della televisione ed invece ha evidenziato il cinismo e la totale mancanza di sensibilità dei Network, titolo originale del film. Questo ci veniva proposto quasi cinquant’anni fa, quando sembrava impossibile che il mondo dell’informazione televisiva potesse arrivare a tanto, spinto dalla frenesia dell’audience ad ogni costo calpestando anche i sentimenti e sicuramente negli anni settanta non avremmo mai pensato che si potesse arrivare a tanto.
Purtroppo il quinto potere estremizzato lo troviamo tutti i giorni sui nostri teleschermi, proposto in modo che difficilmente riusciamo a capire dove finisce quella sottile linea che separa il dovere di cronaca dallo sciacallaggio mediatico, oltre ad usare questo mezzo di informazione per tentare di veicolare le opinioni dei telespettatori sia su tematiche sociali e soprattutto in ambito politico.
Oggigiorno comparire sul piccolo schermo non è poi così difficile. Dai tempi del lockdown si è assistito a una caduta libera dei mass media, diventati salotti di pseudo esperti di ogni genere, pagati per imporre le proprie ideologie e le loro tesi, spesso smentite dal tempo. I vari palinsesti sfornano una miriade di miti e meteore, molti dei quali si improvvisano opinionisti e si assicurano un posto al sole e ben retribuito per almeno una stagione.
Oramai la televisione, quel contenitore piatto come la sua attuale forma geometrica, è sempre più vuoto, da qualsiasi lato lo si prenda: dall’informazione, ai talk-show per finire ai vari reality che non fanno altro che sminuire i veri valori della vita e creare nuovi idoli che nulla hanno da insegnare alle nuove generazioni.
La guerra tra i network la si vince così, offrendo sempre più programmi che fanno alzare gli indici d’ascolto a discapito dei sani principi e del buon vivere, valori che quel quinto potere non è più in grado di rivalutare.

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

Una risposta a "Quel sottile filo che separa il dovere di cronaca all’audience ad ogni costo"

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  1. *Ormai siam messi cosi’ e sembra che non ci si possa proprio far nulla. **

    Oltre a quello, nelle varie interviste parlano sempre almeno in due,
    se non in tre!

    **Per giunta tutto questo inframmezzato da pubblicita’, ormai a livello
    di tossicita’ spinta. **

    Per fortuna, non si sa per quanto ancora, abbiamo il tasto “muto” nel
    telecomando e si puo’ cambiar canale (ma cambia ben poco).

    Una nota: gli stessi soloni che in TV in Italia parlano in tre o piu’,
    alla televisione svizzera parlano uno per volta!
    La cosa mi ha stupito, d’acchito, ma poi … **
    **
    Cosa possiam dire, se non ricordare speranzosi il detto latino ” Per
    Aspera ad Astra” ? **
    **Ciaooo!

    **                          Augusto*

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