Il tassello mancante


Da anni custodisco con molta cura due quaderni di zia Fernanda, una raccolta di pensieri, poesie e racconti scritti tra il 10 luglio e il 30 ottobre 1927 quando aveva 21 anni.
Pagine bordate di rosso porpora, la carta ormai ha assunto un color paglierino e profuma di antico, quella consistenza quasi vellutata che invita ad accarezzare ogni pagina mentre la si legge.
Zia Nanda, come la chiamavamo in famiglia, aveva una bellissima calligrafia, precisa e pendente verso destra, particolarità che in grafologia viene interpretato come un forte desiderio di contatto e comunicazione affettiva. Scriveva con una penna a calamaio, usando l’inchiostro nero ed usava dare un enfasi artistica ai titoli, ripassandoli fino a farli apparire in grassetto e con il capolettera ornata da decori, una piccola opera d’arte.
Nonostante gli innumerevoli tentativi, purtroppo non ero mai riuscita a leggere fino in fondo i suoi brevi racconti e poesie. Mi trasmettevano una profonda tristezza per quei passaggi tragici che mi presentavano un lato della sua personalità a me sconosciuta, ricordandola sempre sorridente e pronta a donarmi tanta dolcezza.
Per il grande affetto che mi lega a lei, me ne sono sono sempre fatta un cruccio sentendomi in colpa e mi sembrava di non dare il giusto valore a quell’eredità letteraria che mi ha lasciato.
“Verità… amore… e morte… sono le tre realtà della vita!” Come era possibile che una bella ragazza poco più che ventenne, colta e intelligente, arrivasse a pensare e scrivere una citazione così infausta? Questa non era la zia Nanda radiosa e solare che conoscevo e che mi ha cresciuto donandomi tanto amore materno.
Tre anni or sono ho dovuto svuotare la casa di mia madre dopo il suo ricovero in una casa di riposo per anziani, molte cose sono state donate, altre gettate e ho portato a casa alcuni ricordi di famiglia e plichi di vecchi documenti che ho custodito in una cartelletta che non ho mai aperto fino a poco tempo fa.
Sapevo di aver avuto una zia, Romola, prematuramente e tragicamente scomparsa per un atto estremo compiuto a soli 17 anni, ma tutti evitavano di parlarne in famiglia per non riaccendere quel doloroso ricordo. Spulciando tra questi ricordi ho trovato tre fazzoletti di seta ricamati da lei con il suo nome e tra le vecchie carte un documento che ne certificava la morte, avvenuta il 13 aprile del 1927, quando decise di togliersi la vita gettandosi sotto quel treno che da Gallarate, dove frequentava il liceo classico in collegio, avrebbe dovuto riportarla a casa, a Parabiago, per trascorrere le vacanze pasquali. Una sorta di triste tassello che mi mancava.
Quella triste data coincide con il periodo in cui zia Nanda scrisse i suoi racconti e poesie, forse un aiuto ad elaborare il grave lutto che l’aveva colpita.
Ora comprendo tutta la tristezza e il dolore racchiuso in quei quaderni ed anche la grande forza di Fernanda di voler lasciare una testimonianza del suo stato d’animo, raccogliendo i pensieri più intimi di un periodo così tragico della sua vita.
Ogni tanto rileggo qualche pagina con un altro spirito, grata di custodire questo inestimabile ricordo di zia Nanda, alla quale penso di aver contribuito in parte a ridarle il sorriso trentatré anni più tardi, quando le fui affidata a soli cinque giorni di vita e mi allevò con tanto amore fino agli otto anni.

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

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