Di solito scelgo quale libro leggere, raramente ne leggo uno prestato e consigliato da qualcuno. Oltre il giardino, scritto da Jerzy Kosinski nel 1970, mi è capitato per caso, grazie a un’amica, una di quelle poche belle persone che il destino mette sulla tua strada e con il tempo, apprezzandole, ringrazi il fato di avertele fatte incontrare. Lory era stata assunta per sostituirmi in ufficio quando sarei andata in pensione e con lei ho avuto il piacere di condividere le mie ultime giornate lavorative, durate il tempo di un paio di mesi. Anche se ero solita tornare a casa nella pausa pranzo, talvolta rinunciavo a questo privilegio per farle compagnia e mangiare un boccone assieme in un bar non distante dall’azienda, momenti molti piacevoli, dove approfondivamo la nostra reciproca conoscenza. Tra le tante cose che ci raccontavamo, Lory mi parlò della sua tesi di laurea al corso di Scienze della Meditazione Linguistica sulla sociologia di Jerzy Kosinski nel mondo globalizzato e del libro da cui prese spunto, che nel 1979 divenne un film firmato da Hal Ashby, interpretato magistralmente da Peter Sellers che gli fece guadagnare il Golden Globe e che spero venga presto riprogrammato da qualche palinsesto per potermelo gustare.
Mi portò quindi la sua tesi di laurea, un volume rilegato di 129 pagine scritte parte nella sua lingua madre, in inglese e spagnolo, assieme al libro, che ho custodito con cura in un armadio fino al giorno in cui ho finalmente deciso di iniziare a leggere, prima il minuzioso e ottimo lavoro di Lory – chapeau! – quindi l’opera di Kosinski.
Being there, questo è il suo titolo originale, l’ho letto tutto d’un fiato di primo mattino mentre mi godevo i tiepidi raggi di sole sul balcone. Dopo un’accurata prefazione di Giorgio Vasta e il profilo bio-bibliografico di Assunta Martinese, questo romanzo da una parte satirico, ma tremendamente attuale ai nostri giorni, ha fatto sì che non lasciassi alcuna pagina al giorno dopo.
La storia è quella di Chance, orfano e disconosciuto da entrambi i genitori, cresciuto, senza nulla sapere delle sue origini, nella casa di un anziano borghese che lo fece lavorare come giardiniere in cambio del vitto e una camera dove passava le ore serali guadando la televisione, l’unico contatto che aveva con il mondo esterno. Dal piccolo schermo aveva imparato ad esprimersi, ad adottare, imitandole, le posture dei vari ospiti dei talk show, a comportarsi educatamente, soprattutto ascoltando attentamente chi parlava per poi rispondere con calma ed educatamente, oltre ad imparare a memoria quelle frasi fatte che lo colpivano e gli piacevano per come suonassero e che ripeteva spesso per ricordarsele. Alla morte dell’anziano signore dovette lasciare quella casa e una casualità lo portò a conoscere il direttore di un importante istituto finanziario, che lo ospitò nella sua residenza, prendendolo in simpatia per i suoi modi educati e gentili. Pur non conoscendo nulla del passato di Chance, lo introdusse nel suo mondo dell’alta finanza, presentandolo come Mr. Gardiner, fraintendendo il suo presentarsi come “giardiniere” che fosse in realtà suo cognome. Lo fece incontrare anche con il presidente degli Stati Uniti, suo amico di vecchia data, che rimase colpito da quel suo strano modo di rispondere alle domande con esempi legati al ciclo della natura. A seguito di questo incontro con l’uomo più potente del pianeta e della simpatia guadagnatasi, Chance venne invitato al talk show televisivo che seguiva da anni, ricevendo consensi alle sue tesi quasi filosofiche dettate dalla sua grande esperienza di giardiniere e facendo crescere la sua notorietà nel mondo politico e finanziario americano. Come cita Vasta nella sua prefazione, “Chance esiste, parla, descrive il suo giardino: dice ciò che dice e nient’altro. Chi lo ascolta però è certo di confrontarsi con un’immagine metaforica. Presume, cioè che le parole di Chance trasportino significati secondi, intenzioni centrifughe”… ovvero che potrebbe ben inserirsi nel mondo politico e perchè no, magari sedere in un ufficio della Casa Bianca.
Mi ha fatto molto riflettere questo libro e anche sorridere. Vedo in Chance molti dei soggetti dell’attuale panorama politico italiano, con la differenza che Mr. Gardiner, pur nella sua innocente ignoranza dovuta dalla totale mancanza di istruzione, aveva fatto della sua vita e della natura, amata compagna dei suoi giorni, una filosofia che presentava timidamente ai suoi interlocutori e senza secondi fini, se non quello di sapersi protagonista di quel talk show che in passato riempivano le serate di solitudine. Contrariamente i nostri governanti parlano un linguaggio intrinseco per sviare l’attenzione dalla realtà, dai problemi sociali e soprattutto dalla loro incapacità di gestire e risollevare le sorti di una nazione. Buttano fumo negli occhi, sperperano risorse incentivando l’acquisto di monopattini e bici elettriche, s’inventano illusorie e ridicole lotterie degli scontrini per promuovere i pagamenti elettronici, come se vivessimo nel Paese di Bengodi. Sembrano persone che si sono formate politicamente specchiandosi nel mondo mediatico televisivo, consolidati dai social network, dove l’apparire e la forma vale più della sostanza, facendo abuso di parole spese solo per incensarsi. Parafrasando la suddetta descrizione di Chance fatta da Vasta, “I nostri governanti esistono, parlano, descrivono il loro operato: dicono ciò che dicono e nient’altro. Chi li ascolta però è certo di confrontarsi con un’immagine metaforica. Presume, cioè che le parole dei governanti trasportino significati secondi, intenzioni centrifughe”.
Emanuela Trevisan Ghiringhelli
Cara Manuela,
per quel che dici so che il mio consiglio di lettura NON verra’ seguito.
Ma te lo dico lo stesso!
Il che vuiol dire che ti metto di fronte alla tua responsabilita’ se leggere o no il libro che ti indico, assumendoti l’onere delle conseguenze della tua decisione in merito ‘;^))
(non era una minaccia …)
Ti consiglio di leggere Pinocchio, di Collodi; ma non come lo si e’ letto da bamdino, ma con spirito critico e sopratutto metaforico. Io resto convinto che Collodi fosse un profeta, incompreso ed inascoltato.
Io pero’ resto duale rispetto alla conclusione del libro: da un lato spero vivamente che finisca come dice lui, dall’altro sono molto pessimista sulla fine possibile … e’ un atteggiamento schizoide, ma dimmi tu se la nostra stessa realta’ non sia ancor epggio che tale …
Un abbraccio!
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Da tempo mi sono riproposta di rileggere Pinocchio ambientandolo nei palazzi romani!
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