Se vedendo il sole risplendere e la luna chiara avanzare, si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore e con la mano alla bocca ho mandato un bacio (Giobbe 31, 26-27)


Il plenilunio di oggi ha un sapore mistico e dal forte significato religioso, tanto più che quest’anno coincide con il giovedì Santo, d’importanza rilevante per il cristianesimo in quanto è il giorno sacerdotale, dell’eucarestia e dell’amore fraterno.
Mi sono sempre chiesta perché, contrariamente al Natale, la Pasqua non avesse una data fissa. Sapevo che c’era di mezzo la luna ma non conoscevo sulla base di che principio e così in prossimità di questo plenilunio mi sono messa a fare ricerche nel web.
La parola Pasqua deriva da Pesach, la pasqua ebraica che in origine era legata alla festa dei primi frutti nelle campagne e successivamente la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù in Egitto, con l’attraversamento del Mar Rosso guidato da Mosè. Questa religione ha adottato un calendario lunare che non coincide con quello solare, dove ogni mese comincia con il novilunio, quindi ha un inizio e una fine mobile. La celebrazione della Pasqua ebraica, Pesach, dura una settimana, inizia al tramonto del giorno 14 di Nisan, mese che coincide sempre con l’equinozio di primavera e quindi tra il quattordicesimo e quindicesimo giorno, quando si verifica il plenilunio.
Sebbene la religione Cristina e quella Ebraica hanno diverse attinenze, la Pasqua ha tutt’altro significato per il cristianesimo, che celebra del passaggio dalla morte alla vita di Gesù Cristo, ma dalla festa di Pesach è derivata la data della Pasqua cristiana, in quanto il giorno della Resurrezione di Gesù doveva essere la domenica successiva al 14 del mese di Nisan. Nell’antichità la sua datazione è stata motivo di gravi controversie fra le chiese d’Oriente e d’Occidente e solo il Concilio di Nicea del 325 stabilì che la Pasqua venisse celebrata la domenica successiva al plenilunio di primavera.
Il cielo velato di oggi mi fa presagire che questa sera forse non potrò ammirare la luna piena in tutta la sua bellezza, ma anche se velata e la sua luce sarà fioca tra le nuvole, inviterà alla preghiera i cristiani e per tutti al raccoglimento di avvicinamento alla Pasqua, parola che deriva dal greco pascha e dall’aramaico pasah che significano passare oltre, concetto di speranza amplificato in questo tempo di guerra e che dovrebbe essere adottato come motto comune per aiutarci a sperare in un futuro migliore.

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

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