La mostra d’Arte Il Giardino dell’Anima raddoppia e proroga la sua apertura fino a domenica 14 novembre, quando alle ore 16:00 si terrà la cerimonia di chiusura, inizialmente prevista per domenica 7.
Il vernissage di sabato 30 ottobre è stato un successo nonostante Giove pluvio, forse al di là delle più rosee aspettative da parte dei volontari di Valbossa IN Rosa e in particolare modo di Mario Baratelli, al quale va un plauso, che non ha lasciato nulla al caso nell’allestimento della mostra, nella preparazione della brochure e organizzazione dell’evento.
Tra i tanti interventi, vorrei sottolineare e riportare quelli di due docenti del polo universitario varesino, esaustive critiche d’Arte che hanno ben descritto l’Artista Mario da Corgeno e le sue opere, anche a chi, come me, non ha competenze in materia.

Prof. Laura Facchin, docente di Storia Sociale dell’Arte dell’Università degli Studi dell’Insubria :
‹‹Porto i saluti del Centro di Ricerca della Storia Contemporanea dell’Università degli Studi dell’Insubria, la nostra università del territorio, il centro diretto dal Prof. Andrea Spiriti e coordinato nelle attività di allestimento e di ricerca dalle persone presenti, centro che é stato istituito alcuni anni fa e che si occupa sia di attività espositiva nelle nostre sedi, in particolare nel nostro rettorato di Varese e anche di attività di ricerca sul campo, volta alla valorizzazione degli Artisti del territorio e Mario da Corgeno è pienamente partecipe di questa ricerca che è durata per oltre due anni ed è confluita in un volume uscito per l’editore Interlinea nel 2019, ma che, per gli esiti nefasti della pandemia che tutti noi ha colpito, è ancora in attesa di una ufficiale presentazione. Un lavoro corposo, la ricerca è partita per costruire il percorso dagli esordi dell’Artista sino alla contemporaneità del 2019, perché poi la sua produzione è andata molto oltre, è estremamente molto attivo come sappiamo e vediamo e questa perfetta sinergia tra pitture e sculture qui allestite ce lo dimostra perfettamente. E quindi questo corposissimo lavoro è il più completo ad oggi realizzato sulla sua produzione con saggi e un catalogo completo di un corredo fotografico dettagliatissimo che ha raggiunto le 500 pagine e penso si potranno aggiungere altre centinaia in seguito. Quindi concludo rapidamente, ringraziando tutti e portando i saluti del Centro di Ricerca che non vede l’ora di riprendere le sue attività.»

Prof. Massimiliano Ferrario, docente della Storia dell’Arte contemporanea e post moderna dell’Università degli Studi dell’Insubria.
‹‹Ripercorrerei brevemente quell’anno e mezzo di lavoro che abbiamo condotto sul campo, io con il mio collega Sandro Soldati che oggi ha preso altre strade, ma che mi ha coadiuvato in un lavoro davvero complesso di raccolta e di schedatura dei lavori collezionati da molti proprietari di importanti pezzi dell’Artista, che purtroppo non gode della fortuna critica e anche di mercato della quale invece dovrebbe essere portatore per una serie di motivazioni complesse, interagenti che io ho provato a sintetizzare anche nel mio saggio e che un pò, sicuramente, chiamano in causa anche un’indole non propriamente conciliante per quanto riguarda i canali tradizionali della fruizione della veicolazione artistica. Quindi Mario da Corgeno, Artista di spessore assolutamente indiscutibile e si ricordi i periodi di formazione tra Gajoni e Annigoni, i due grandi punti di riferimento, che plasmeranno l’estetica inizialmente realista, inizialmente legata proprio a una proposizione delle forme di estrazione neo michelangiolesca, che possiamo trovare sopratutto nella prima fase di attività e che soprattutto si esprime con grandiosa potenza nella gestione del marmo. Se voi guardate, mi riferisco al marmo bianco, la punta figura femminile che emerge dalla materia, ritrovate il diktat rodeniano, cioè la rilettura che Rodin fece di Michelangelo in relazione proprio alla figura che emerge dal blocco di marmo. Quindi il toglier materia per far emergere una realtà figurale che in realtà è già inserita all’interno del blocco e quindi compito dell’Artista, i Prigioni di Michelangelo sono in questo senso il manifesto di questa sensibilità, all’artista non resta che far emergere qualcosa che in realtà è già connaturato nel blocco lapideo. In Mario da Corgeno troviamo una transizione però verso una sintesi, una poetica di sintesi che poi caratterizza buona parte degli Artisti della seconda metà del ventesimo secolo, ovvero questo passaggio progressivo ma inesorabile da una poetica, come ho accennato di matrice ancora di corrispondenza dei sensi, cioè realista, a una transizione sempre più proiettata verso una sintesi formale che in alcuni casi diventa vera e propria astrazione. In questo percorso che, come potete apprezzare dalle opere, è fortemente polimaterico, Mario da Corgeno sperimenta con una molteciplità di materiali, in scultura, in pittura, in disegno e anche in versi scritti, perché noi nel catalogo abbiamo un importante saggio del Prof. Gianmarco Gaspari, che indaga proprio il Mario da Corgeno poeta e riesce appunto ad approdare verso questa sintesi delle linee che trova una forte ragion d’essere proprio nella riflessione sul femminile. Femminile che è vero rappresenta molto spesso dei percorsi travagliati, tormentati, ma che in realtà è una lettura di indagine sul tormento e sull’estasi, per richiamare in causa illustri metafore letterarie riguardanti Michelangelo, cioè sovente tratta di queste figure femminili che spesso si fanno portatori di un’anelito di liberazione dalla loro sofferenza, che è tangibile nella semplificazione formale, come segno appunto nella deformazione del dramma vissuto, ma che al contempo spesso hanno questo anelito, questa spinta verso una liberazione carnale ma anche psicologica esistenziale che porta la donna ad essere sintesi di questo travaglio e spesso la figura femminile con i suoi attributi più riconoscibili in vista come il seno. C’è un’opera emblematica dove abbiamo questa silhouette con un unico seno conservato che diventa l’attributo cardine della femminilità ma anche della maternità. Spesso troviamo degli accenni di ventri più o meno delineati ma che caratterizzano una femminilità senza tempo. Questo il dato interessante, in Mario da Corgeno anche quando la forma diventa praticamente astratta, riusciamo comunque ad individuare delle matrici chiare e nel femminile questo diventa veramente una situazione preponderante, che si allaccia anche alla tematica del sacro, che è l’altro grande polo caratterizzante la produzione a 360° dell’Artista e che si sublima proprio nelle crocifissioni femminili, che a una lettura iconografica potrebbero sembrare qualcosa di assolutamente eterodosso, quasi profano, ma che in realtà rappresentano proprio quella umanizzazione del Divino che è un altro dei tratti caratteristici della rilettura della tematica sacra da parte di molti Artisti. Non citerò modelli che l’Artista ha più o meno utilizzato consapevolmente o meno nel corso della sua produzione dalle grandi matrici fondative di Gajoni e Annigoni, passando appunto da Rodin e molti altri, ma proprio la convergenza tra sacro e femminile rappresenta la sintesi perfetta di quelli che sono i due poli preponderanti della sua poetica, che come ho detto si sviluppa da una riconoscibilità formale e arriva a esiti sostanzialmente di astrazione pura o comunque di convergenza, facendo dell’indagine sul femminile un assoluto punto di riferimento e mi riallaccio, e chiudo, al discorso sui Cristi, sulla indagine appunto Cristo mimetica che in Mario da Corgeno è molto forte, in quanto, a mio avviso, queste opere che si fanno portatrici di messaggi profondamente bene augurali, perché il Cristo, la figura tratteggiata dall’Artista di Cristo è sì un Cristo patiens, quindi un Cristo sicuramente sofferente e comunque in una situazione di profonda sofferenza dettata dal martirio, ma che in quel dialogo con la crocifissione femminile ben rappresenta i due poli di convergenza tra maschile e femminile, tra umano e trascendente, che in ultimo rimandano comunque a una volontà di rinascita e di riaffermazione esistenziale dell’uomo in terra e in congiunzione in armonia proprio con la dimensione metafisica e spirituale, che è il baricentro fondante, più caratteristico della produzione di un Artista che sicuramente nella dinamica d’indagine sul sacro, ha fatto un punto di indagine fondante nonostante la critica ad oggi non l’abbia pienamente riconosciuto. L’obiettivo del nostro lavoro è stato proprio in primis quello di restituire dignità a una figura che ha molta dignità nel panorama storiografico della seconda metà del novecento e che meriterebbe e merita di essere riscoperta e di affermarsi.»

Ricordo gli orari delle visite (continuato):
– sabato 6, domenica 7 e sabato 13: dalle 09:30 alle 17:00
– domenica 14: dalle 09:30 alle 16:00
Verranno organizzati dei bus navetta in partenza da Azzate e ritorno con fermate ed orari da definire all’iscrizione per le persone che non guidano e i Centri Anziani. Per info e prenotazioni: Antonio tel. 330 990 360
Emanuela Trevisan Ghiringhelli
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