Nella stagione estiva si ha l’opportunità, più che nel resto dell’anno, di entrare in contatto con quello che è rimasto della vita di campagna, sol che ci si incammini per sentieri di montagna poco conosciuti.
Nel ramo del Lago di Lecco, sotto le Grigne, ci sono cascine nelle quali giocano i bambini non ancora fagocitati dalla vita moderna, e quindi più vicini ai giochi trasmessi dalle nonne.
Una bimbetta di non più di tre anni, dondolava una bambola di pezza, cantilenando:
«Dindiridan Luzia,
sòtta a quel cassinòtt,
gh’è là ona veggia Stria
che la fà ballà i pigòtt».
(Dindirindan, Lucia, in quel cascinale, c’è là una vecchia che fa’ ballare i pupi)
L’indagine attenta della Tradizione locale, ha chiarito che la filastrocca si riferisce ad un episodio realmente accaduto a Varenna nel sedicesimo secolo, che non interessa ricordare in questa sede.
Molto più importante è il substrato magico che traspare, oltre la specifica azione sulla “pigotta” da parte della bimbetta, valida in ogni tempo ed anche ai nostri giorni, per trasmettere la propria volontà istintiva sul futuro della propria vita.
«La veggia stria che fa ballà i pigott» (la vecchia strega che fa ballare i pupi) si riferisce alle operazioni di magia Naturale che in tutto il Comasco, a ricordo della tradizione Celtica, erano prerogativa delle vecchie che vivevano isolate, ai margini dei centri abitati, ed in contatto diretto con le forze della natura.
In Luna Piena, nei segni zodiacali più «idonei», le vecchie Strie, su richiesta, oppure “motu proprio”, operavano sui «pupi» per realizzare operazioni d’Amore o di Odio, a seconda dei casi.
Ancora oggi, quando si incontrano «cassinott» in pietra, diroccati, e si sosta riportandoci “in via sottile” ad un tempo «Sospeso», si sentono muovere i folletti, generi, esseri, esseri incorporei che «raccontano» di tanti fatti accaduti, che le pietre hanno registrato nella memoria centrale della Natura.
LA STRIA LUZIA
E la vegia Stria trii fìö la ghera
trii i a meteva in cuna
trii vestii de lünna
trii a la finestra
trii vestii de festa
trii al taurin
che fa balà la sciora Tarisin.
Riportiamoci mentalmente nell’ambiente dove si svolsero gli avvenimenti della piccola Luzia, con la presenza della Stria “che la fà balla i pigott” , poniamo nell’anno di grazia 1598, e vediamo la Stria intenta a preparare una Pigotta da animare.
Non già per danneggiare la piccina, anzi, per aiutarla ad essere in buona salute, crescere bene ed essere felice, compatibilmente con il suo stato di figlia di poveri contadini che vivono sulle dolci rive del lago di Como.
Nel mezzo del bosco, ai piedi della Grigna, si apre una radura e ai margini della quale sta una casetta in pietra, in parte diroccata, dal cui camino esce un fumo azzurrognolo.
Splende la luna piena, che sfuma i contorni del paesaggio, quasi in una dimensione eterea.
Rumori smorzati e misteriosi provengono dal fitto bosco. Si apre la porta, cigolando sui cardini, e la Stria, con il viso tondo sorridente, i capelli a crocchia, gli occhietti azzurri sfavillanti, indossa una strana veste di foggia antichissima, con ghirlande di convolvoli che ballonzolano al suo incedere saltellante, quasi a mezz’aria. Giunta al centro della piccola radura, si fa largo fra le alte felci, afferra un ramo di betulla e traccia un ampio cerchio intorno alla propria ombra proiettata in terra dalla luna piena allo zenit.
Delicatamente, posa al centro del cerchio la Pigotta, con la testa rivolta ad Est e le pone sul viso e sul cuore due piccole rose.
Poi si erge, ritta e con le braccia levate al cielo ed intona una dolce nenia in lingua arcaica….
Lentamente la radura si popola di strani esseri fluttuanti: folletti e gnomi che escono da tane nascoste da funghi giganteschi, ondine che lasciano il vicino stagno e danzano intorno alla Stria; animaletti teneri ed ammiccanti: tutti annuiscono al suono della voce incantata e par che dicano: “Dolce Luzia, fortunata bimba di questo mondo, cresci serena, che tu abbia una vita piena di gioie…”.
La luna piena prende a scendere lentamente, celandosi gradualmente dietro le cime degli alberi frondosi; la Stria, con un gesto ieratico delle mani, fa scomparire in un lampo la Pigotta che, divenuta una piccola e lucente stella, sale velocemente verso il cielo.
Tutto scompare ed il buio totale prende il sopravvento, mentre la Stria si chiude dietro le spalle la porta di casa: ella non è più la graziosa vecchia di prima, ma è una splendida fanciulla dai capelli rosso fuoco e la carnagione di pesca, coperta da fitte efelidi:
“Guardate in avanti ad EST
Il fiore degli anni
splende su questa gentile Anima
Il giorno del Sole Musica dello Spirito Ieri
Oggi
Domani
Sempre armonioso Sempre in salute
Uno
Due
Tre
Il Cuore è ricolmo”.
(di: Elena Paredi)
“un Triskell d’argento le pende al collo… e si perde nel buio della casa… della grotta… del castello della dolce Ibernia, terra di sogno…”
(racconti tratti dal libro “Le Tradizioni dimenticate”, di Carlo Paredi)
Emanuela Trevisan Ghiringhelli
(nella foto: Abbazia di Piona)
Rispondi