Cosa hanno in comune Padre Massimiliano Kolbe, Marlon Brando, Juan Carlos I di Borbone e suo figlio Filippo VI di Spagna, Priscilla Presley, Francesco Cossiga, Ambrogio Fogar, Sonia Gandhi e Re Hussein di Giordania? Hanno fatto, o fanno, tutti parte dell’affascinante mondo della radio, quella dei radioamatori.
Come mi piacerebbe che tra i giovani, la radio prendesse il sopravvento sui social networks e videogames. Sicuramente un’utopia. E’ troppo comodo starsene seduti su un divano davanti a una consolle o con il cellulare tra le mani, senza porsi domande se si sta perdendo tempo prezioso o lo si sta impiegando nel modo giusto.
E pensare che questo hobby ha molti vantaggi dal punto di vista educativo. Innanzitutto per ottenere la licenza radioamatoriale bisogna sostenere un esame ministeriale presso la sede territoriale di competenza del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che sottintende una buona preparazione delle nozioni fondamentali di elettrotecnica con indirizzo in telecomunicazioni.
Superato questo ostacolo e ci si dedica alla ricerca di voci lontane che vagano nell’etere, la radio diventa un ottimo mezzo per mantenersi in esercizio con l’inglese, facendosi anche l’orecchio sulle varie pronunce che provengono da ogni parte del globo.
Se poi ci si fa prendere dalla smania di collegare tutti i paesi del mondo e le varie isole, anche le più piccole, disabitate e recondite, si approfondisce la conoscenza della geografia divertendosi.
Per i giovani più intraprendenti c’è anche l’affascinante mondo dell’autocostruzione, o semplicemente di muovere i primi passi con saldatore e stagno per saldare connettori ai cavi coassiali, o progettare e costruire un’antenna filare, un semplice ma sempre efficiente dipolo. Installare una stazione radioamatoriale e le rispettive antenne non è una pratica così scontata, ma sottintende una buona preparazione tecnica onde evitare di far saltare il trasmettitore non appena si pigia il tasto del microfono per andare “on air”.
I radioamatori fanno lo spelling usando l’alfabeto fonetico internazionale, quello usato dai militari e dalle forze dell’ordine, che ritengo sarebbe buona norma se venisse insegnato sin dalle scuole e quindi adottato al posto dei rituali nomi delle città che, qualora ci trovassimo a comunicare con uno straniero, non avrebbero alcun senso.
Altra peculiarità è quella di riconoscere identificare le nazioni con il codice di registrazione degli aeromobili, che corrisponde a quella breve stringa alfanumerica che compare vicino alla coda dell’aereo e che non sempre corrisponde alla sigla automobilistica della nazione.
Per esempio, l’Austria è identificata con OE e non con la A, la Spagna con EA e la Svizzera con HB9, nozioni che tornano utili se ci si diverte ad ascoltare, con un semplice ricevitore, le comunicazioni tra i piccoli aeromobili e le torri di controllo.
Ma la radio non è solo “parlare”, ci sono ancora molti radioamatori che trasmettono in telegrafia usando il codice Morse, oppure si possono usare i modi digitali interfacciando un computer alla radio.
Il 15 Febbraio 2006 era stato avviato un progetto, chiamato La Radio nelle Scuole grazie a una convenzione stipulata tra il MIUR, Area Sistemi Informativi del Ministero della Pubblica Istruzione e l’Associazione Radioamatori Italiani, per educare i giovani a un uso consapevole di queste tecnologie, grazie a un’esperienza formativa resa possibile dalla disponibilità, su base volontaria, di radioamatori che si recano personalmente nel plessi scolastic. Una bella esperienza che ho vissuto in prima persona con gli alunni della scuola media “Don Franco Pozzi” di Buguggiate e raccontato nell’articolo “E se bastasse un pezzo di filo?” …già, perchè per parlare con tutto il mondo in fondo basta un pezzo di filo, tagliato nella giusta misura e ben accordato per le frequenze radioamatoriali. In quella occasione avevo predisposto per i ragazzi una brochure, chiamata “Il mondo nella mia antenna” che ripropongo allegata a fondo pagina, che illustra in parole povere questo meraviglioso mondo.
Identificato in gergo come Ham Radio, è curiosa l’origine del termine ham che nulla ha a che vedere con la traduzione in lingua inglese della parola prosciutto. C’è chi narra che questo appellativo fosse stato coniato dai radio-operatori delle navi britanniche che, quando ascoltavano segnali radioamatoriali, pronunciavano “amateur” enfasandola ponendo la H davanti alla parola e abbreviandola quindi in Ham.
Diversa è la tesi dall’altra parte del globo. Gli americani, che con i giapponesi vantano il maggior numero di radioamatori nel mondo e sempre in costante crescita, forniscono due spiegazioni, una che si tratti dell’acronimo di Help All Mankind (aiutare tutta l’umanità) e l’altra risalente al 1911, quando tre studenti dell’Università di Harvard, che facevano parte del Radio Club del campus, si identificarono nelle trasmissioni con tre lettere, la H, la A e la M.
Lo ammetto, io sono di parte e dipingo questo affascinante mondo a colori, ma, come in ogni situazione, prima di giudicare ed escluderlo a priori tra gli ipotetici hobbies da abbracciare, bisognerebbe conoscerlo meglio. E ricordiamoci sempre, che in caso di gravi calamità naturali, con il black out, quando ogni tipo di telefonia è fuori uso, i radioamatori possono sempre e comunque parlare tra di loro e prestano il loro operato per il bene della comunità, affinché non vengono ristabilite le vie di comunicazione.
Se vi ho messo una pulce nell’orecchio e masticate un pò d’inglese, vi consiglio un bellissimo libro del 2003 dal sapore antico, Hallo world, a life in Ham Radio di Danny Gregory e Paul Sahre, ricco di illustrazioni, simpatici annedoti delle comunicazioni durante il secondo conflitto mondiale.
Emanuela Trevisan Ghiringhelli (IZ2ELV)
La mia storia con la radio è iniziata nel 1978 quando papà mi regalo un CB a 23 canali. Già aveva assecondato la mia passione iscrivendomi al corso Radio Stereo della mitica Scuola Radio Elettra. In quegli anni ci divertivamo un mondo con le radio libere, con un piccolo trasmettitore ci facevamo sentire per tutto il quartiere conquistando l’ammirazione delle ragazze. Poi, nel 1980 l’esame da radioamatore
E’ passato quasi mezzo secolo e la passione per la radio non è mai tramontata, in certi momenti si è assopita per poi risvegliarsi più forte di prima.
Mio figlio 14enne, cosi come la maggior parte dei suoi coetanei, non è interessato alla radio, per lui conta solo il telefonino…
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Grazie Fred per la tua testimonianza. Anche per me questo meravigliosa passione è un continuo turbinio di folle amore e odio. Diciamocela tutta, purtroppo i veri Gentlemen sono rimasti in pochi e in frequenza si trova davvero di tutto.
La cosa che più mi rammarica che sono veramente delle mosche bianche i figli di Radioamatori che si appassionano al radiantismo.
73’ Emanuela IZ2ELV
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