Noi che…. scriviamo ancora in corsivo


Mi piacerebbe fare un censimento delle persone che scrivono ancora in corsivo e penso di non sbagliare nell’affermare che i giovani nati nel ventunesimo secolo, quei pochi che usano ancora carta e penna, utilizzano solo i caratteri in stampatello.
A tale proposito ho trovato recentemente un file datato 2014 e relativo a una mia ricerca, scaturita da un articolo sulle scuole finlandesi, dove già circa dieci anni or sono la scrittura in corsivo aveva i giorni contati. Infatti, secondo una dichiarazione di Minna Harmanen, l’allora membro del Consiglio Nazionale dell’Educazione, la scrittura manuale sarebbe stata abolita nelle scuole a partire dal 2016 per dare spazio al fluent-typing e soprattutto i bambini avrebbero imparato a scrivere per mezzo della tastiera di un computer o tablet.
Dopo gli Stati Uniti, dove la scrittura in corsivo era stata abolita già da anni dalle scuole pubbliche, si prospettava quindi un futuro che vedeva morire a poco a poco ed anche nell’antico continente l’abitudine di usare carta e penna ed in quei pochi casi che saremmo costretti a farlo, avremmo scritto unicamente in stampatello, consuetudine che accomunava già molti giovani.
Personalmente ritengo che abbandonare la classica calligrafia in corsivo sia sinonimo di perdere parte della nostra personalità.
Non a caso la grafologia, tecnica che cerca di percepire le caratteristiche psicologiche di un individuo attraverso la scrittura (tesi non riconosciuta scientificamente), parte dal presupposto che dopo una fase di apprendimento, il gesto grafico diventa un meccanismo automatico dovuto alle risposte motorie del nostro cervello, assumendo con il tempo uno stile del tutto personale che va a rispecchiare il senso estetico di chi lo produce.
Padre dell’indirizzo italiano di scuola grafologica fu Girolamo Moretti, un francescano che nel 1905 iniziò lo studio sistematico della grafologia, che amava definire «Scienza sperimentale che dal solo gesto grafico d’uno scritto umano rileva le tendenze sortite da natura». Pubblicò la sua prima opera Manuale di grafologia nel 1914 e alla quale ne seguirono altre nove, l’ultima nel 1962 un anno prima della sua scomparsa, oltre ad alcune opere postume.
Per quanto la scrittura in corsivo possa essere di facile o difficile interpretazione, sta di fatto che è sempre un bel leggere, un marchio di fabbrica che non si può contraffare, che esprime sempre la personalità dell’autore.
Prediligere lo stampatello al corsivo delle nuove generazioni mi fa pensare ad un voler erigere un muro impenetrabile e dove a trasparire sono solo quegli elementi definiti da status symbol, influencer e social media che rende tutti uguali.
Con l’avvento degli smartphone e tablet va via, via scemando l’abitudine di prendere appunti su carta, usare le classiche agende sulle quali annotare, oltre agli appuntamenti e ricorrenze, alcuni pensieri che talvolta vogliamo rimangano scritti, affidando ormai questi ultimi solo alla platea virtuale dei social networks.
Eppure lo scrivere con carta e penna è anche un esercizio per la nostra memoria e il corsivo, grazie al movimento fluido della mano, diventa un piacevole allenamento sia motorio e per la mente, come ne erano strenue sostenitrici le maestre elementari di noi sessantenni, che per farci ricordare qualcosa che non ci entrava in testa, usavano farci riempire intere pagine di quaderni con le frasi incriminate e rigorosamente scritte in bella calligrafia… e davano anche il voto per la bella scrittura!
Purtroppo ai nostri giorni sono rimaste poche isole felici montessoriane dove si dà ancora importanza al corsivo, in quanto il metodo Montessori di fatto esclude lo stampatello ed insegna ai bambini direzione, inclinazione e rapporti tra le lettere, ovvero la base della calligrafia in corsivo.
Sicuramente Steve Jobs e Bill Gates hanno contribuito a dare una sferzata alla nostra vita, modificando e migliorando il nostro modo di lavorare, studiare, gestire il nostro quotidiano e portandoci nell’arco di mezzo secolo ad essere una sorta di informatica-dipendenti. Ma resta comunque una scelta di buon gusto personale se porgere qualsiasi tipo di auguri con una e-card o con un tradizionale biglietto personalizzato da una frase autografa, se inviare con WhatsApp un messaggio d’amore con abbreviazioni ed emoticons o la classica lettera manoscritta scegliendo le parole che provengono veramente dal cuore e con la giusta dose di romanticismo.
E che ne sarà della firma? Prepariamoci tra qualche anno ad imbatterci in persone munite di key e smart card per la firma digitale, come già succede in ambito amministrativo o cercando di decifrare brutti scarabocchi, opere di chi ha tenuto in mano una penna ben poche volte nella sua vita.

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

Una risposta a "Noi che…. scriviamo ancora in corsivo"

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  1. Bellissimo articolo che evidenzia, purtroppo, lo stato di degrado intellettuale verso cui si tende in un prossimo futuro …., a meno che non intervengano vaste sensibilizzazioni nel modo scolastico e dei docenti. Cordialità

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