Per dare il benvenuto a questo mese, ho scelto il proverbio siciliano dal sapore un pò ossimoro, associandolo all’inizio dell’inverno e calcando un pò la mano rispetto al celebre detto meneghino e più veritiero, Agost, giò el sô l’è fosch, che, per chi non conoscesse il dialetto milanese, si traduce in Agosto, giù il sole è fosco. Proverbi a parte, stamane Venere splendente, foriera di una fantastica alba estiva, ha salutato il primo giorno del mese dedicato all’imperatore Augusto e famoso per la canicola, il periodo più caldo dell’anno, ovvero quando il Sole ha appena oltrepassato le costellazioni del Cane maggiore e del Cane minore.
Secondo la tradizione dei Celti nel primo giorno di agosto si celebrava la festa di Lughnasadh, dedicata alla divinità Lugh, dio del Sole e della Luce, una delle quattro feste della ruota celtica dell’anno, insieme a Beltane (1 maggio), Samhain (1 novembre) e Imbolc (1 febbraio), che inaugura l’inizio della stagione del raccolto e cade a metà fra il solstizio d’estate e l’equinozio d’autunno.
Questa festa simboleggiava l’abbondanza e la speranza di un ottimo raccolto, frutto di un duro lavoro e grazie alla generosità di madre Terra.
Lughnasadh veniva celebrata con fuochi, danze rituali, offerte dedicate alla mietitura del primo grano, il sacrificio di un toro e la raccolta dei mirtilli che, secondo le credenze popolari, se fossero stati abbondanti si avrebbe avuto anche un buon raccolto che avrebbe garantito la sopravvivenza durante l’inverno. Una festa anche dal risvolto romantico con una sorta di preludio il 31 luglio, quando vicino a corsi d’acqua venivano preparate capanne coperte di fiori, dove gli amanti trascorrevano la notte.
Anche nel primo secolo avanti Cristo il 1° agosto era una data storica, ovvero quando si riunivano a Lugdunum (l’attuale Lione) i delegati delle sessanta nazioni galliche per celebrare il culto imperiale, nel luogo dove, nell’anno 12 a.C., venne eretto l’ Ara trium Galliarum, all’altare delle tre provincie galliche, consacrato a Roma e all’imperatore Augusto. Nella Gallia c’era anche la tradizione di festeggiare questo periodo dell’anno con le Figlie del Grano, delle bamboline confezionate con spighe di grano e le foglie di granoturco, che venivano poi esposte sugli altari o appese in casa come protezione, conservandole quindi per tutto l’anno come talismani, per poi bruciarle durante la festa di Lughnasadh dell’anno successivo e dopo aver confezionato una nuova bambola che prendeva il suo posto, permettendo così al suo spirito di rinascere. Un antico rituale magico che potrebbe anche essere ritornare in voga ai anche ai giorni nostri, creandoci una piccola bambolina portafortuna e che ci terrà compagnia fino alla prossima estate.
E così, lasciandomi alle spalle riti celtici e storia, saluto questo mese che per tutta la mia vita lavorativa è stato il mio preferito in quanto sinonimo delle tante sospirate ferie. Ora, da quasi tre anni, non ho più preferenze per stagioni e mesi, in quanto ho imparato ad apprezzarli tutti con i loro pregi e difetti, quindi auspico che quello che inizia oggi mi regali aurore e tramonti mozzafiato e magari una stella cadente nella notte di San Lorenzo, non tanto per esprimere un desiderio, quanto per emozionarmi nel vedere la sua scia luminosa nel cielo. Quello stesso cielo con cui trascorro molto del mio tempo ammirandolo in uno stato quasi meditativo e spesso mi regala sorprese inaspettate, come un cuore disegnato all’alba dalle nuvole, il buongiorno più romantico che io possa ricevere.
Emanuela Trevisan Ghiringhelli
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