Romantica Caldè, la Portofino del Lago Maggiore


L’Insubria è terra di laghi e il Verbano, o Maggiore che dir si voglia, è quello che meglio rappresenta questo antico territorio in quanto abbraccia il territorio italiano e svizzero. La sua sponda piemontese è quella più rinomata dal punto di vista turistico, vuoi per le Isole Borromee e per la celeberrima cittadina di Stresa, ma ritengo che anche quella lombarda abbia il suo fascino. Località più rinomate a parte, il mio luogo preferito e al quale sono molto legata è Caldè, frazione di Castelveccana, comune decretato tale il 7 giugno 1928 dal Re d’Italia Vittorio Emanuele III dall’aggregazione di Castello Valtravaglia con Veccana. La sua storia non è ancora centenaria ma ha origini che risalgono ai tempi preistorici come lo confermano alcune incisioni rupestri trovate sui massi erratici, i ritrovamenti di tombe, una necropoli risalente all’Età del Ferro ai piedi della Rocca in località Castello e alcune tracce di insediamenti a Bedero e Sarigo, testimonianze dell’occupazione di tribù celtiche nell’ottavo secolo avanti Cristo.
Nel 240 a. C. giunsero sulle rive del Verbano i Romani, chiamarono la zona compresa tra Laveno e Maccagno Trium Vallum (tre valli) dando così origine al nome Valtravaglia, bonificarono le terre attorno al lago, aprirono le vie verso i valichi alpini e fondarono le attuali città di Angera, Laveno, Luino, Pallanza e Locarno. L’origine latina dei nomi di alcune borgate dell’attuale Castelveccana, quali Caldè, Bissaga, Pessina, Ronchiano e Saltirana lascia supporre che vennero fondate in epoca romana.
Dopo la diffusione del cristianesimo sulle rive del lago a partire dal III secolo per opera dei Santi Barnaba, Gaudenzio, Lorenzo e Giulio e le incursioni barbariche dei burgundi alla fine del V secolo, si insediarono i Longobardi che eressero il Castello di Travallio sulla Rocca di Caldè, fortezza che conobbe nuovi fasti e maggiore importanza strategica quando nel 1276, una volta passati sotto la signoria del biscione, venne ricostruito e rinforzato dai Visconti.
La Valtravaglia venne quindi elevata al rango di castellana arcivescovile e vi rimase anche quando nel 1439 terminò il predominio visconteo a seguito della cessione da parte di Filippo Maria di molti suoi domini sul lago a Vitaliano Borromeo.
Grazie all’insediamento della stirpe borromea, che in poco più di cinquant’anni divenne proprietaria di tutto il Verbano, ebbe inizio l’epoca d’oro del Lago Maggiore.
Nel 1513 gli Svizzeri occuparono la costa fino a Luino, per rifarsi degli aiuti militari prestati a Ludovico Sforza, detto il Moro, nella guerra – persa – contro i Francesi e durante una scorreria, assaltarono e distrussero l’ormai indifeso Castello di Travallio, saccheggiarono e rasero al suolo il paese nei pressi della Rocca lasciando solo la chiesetta rupestre che dedicarono a Santa Veronica, loro protettrice.
Tuttavia la Rocca di Caldè riveste una grande importanza per la storia di Castelveccana non solo per il castello, ma anche grazie alla estrazione dalle sue pareti di una calce purissima, che veniva lavorata nelle caratteristiche fornaci, ancora visibili e trasportata con barconi a vela sul lago e lungo il Ticino fino a Milano e Pavia. A testimonianza di questa secolare lavorazione, già nel 1283 negli statuti di Travaglia era contemplato l’obbligo per gli abitanti di Caldè di fornire un tributo per la disinfezione delle cisterne per la calcina.

Affresco di Madonna con Bambino – Anonimo 1561 (casa privata in Via Garibaldi – Caldè

Dopo l’occupazione svizzera, nel 1535 il luinese venne riscattato da Carlo V di Spagna, passando quindi alle signorie locali e fu proprio l’imperatore spagnolo a firmare nel 1541 il privilegio che concedeva a Luino di tenere il mercoledì quel mercato che ancora oggi trova spazio sul lungolago e tra le vie cittadine.
Nel periodo napoleonico anche la sponda magra del Verbano venne compresa nei nuovi ordinamenti politici francesi, nel 1797 la repubblica Cisalpina, nel 1802 quella italiana e il regno italico nel 1805 e una volta tramontato l’astro di Napoleone, nel 1815 il Congresso di Vienna restituisce la sponda piemontese del lago ai Savoia, la lombarda agli Austriaci e così rimasero fino alla costituzione del Regno d’Italia nel 1860.
Sin dagli anni ’20 Caldè si è guadagnata l’appellativo di “la Portofino del Lago Maggiore”, è diventata un’amena località di soggiorno gradita anche a personalità come il tenore Beniamino Gigli, il pianista russo Vladimir Horowitz, il pedagogista Giuseppe Fanciulli, noto scrittore di racconti per l’infanzia con lo pseudonimo di Mastro Sapone, Ezio Granelli, il creatore della Magnesia e Aranciata San Pellegrino, Maria Cumani, moglie del poeta Salvatore Quasimodo, Carla Fracci, il pittore Gino Moro e tanti altri ancora.
Storia a parte, è una località che merita di essere visitata ed apprezzata per tutte le emozioni che sa trasmettere, ascoltando le onde del lago che s’infrangono sulla riva della pizzetta mentre si assiste a romantici tramonti, o passeggiando fino alla chiesetta di Santa Veronica e il Faro votivo dai quali si gode di panorami mozzafiato. Sul percorso che porta alle piccole ed appartate spiagge è possibile vedere l’archeologia industriale delle fornaci del XX secolo che sono diventate negli anni un luogo d’incontro dei writers dove sperimentano la loro vena artistica di street art.

(Informazioni storiche tratte dal libro Comune di Castelveccana 1928-2008 un paese in cammino)

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

2 risposte a "Romantica Caldè, la Portofino del Lago Maggiore"

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