La lavanda della Maddalena


Tra tutte le piante che coltivo sui nostri balconi, quella che preferisco è la lavanda, che ogni giorno mi perdo ad osservare per lungo tempo mentre api si soffermano meticolosamente su ogni fiorellino dell’infiorescenza per succhiarne il nettare, un vero spettacolo della natura.
Sacra alle Vestali, anche se non ha affinità con il mio segno zodiacale ed è considerata l’essenza astrale del segno dell’Ariete, amo il suo profumo che mi infonde tranquillità, il suo colore e le sue spighe, considerate un amuleto che attrae prosperità e protegge da disgrazie e malocchio.
Lo scorso anno di questi tempi ho tagliato gli steli della mia pianta con molta delicatezza per disporli a forma di croce solare, l’ho appesa allo spioncino della porta d’ingresso come portafortuna naturale per proteggere la nostra casa e dare una sorta di benvenuto con la sua leggera fragranza a chi varca la soglia, un modo per mantenere vive quelle tradizioni popolari di una volta, anche se erano intesi come rituali magici.
Legata a Venere e ai riti d’amore, in antichità si riteneva che questa pianta avesse proprietà antiveleno contro i morsi di serpente, strofinandola sulla ferita. I fiori secchi di lavanda saranno protagonisti anche il prossimo 1° agosto per preparare la pergamena dei desideri nella celebrazione di Lunghnassadh, la festa pagana del grano e del pane di origine celtica. Basterà un foglio di carta riciclata, fiori essiccati di lavanda, qualche petalo secco di rosa e un cucchiaio di foglie fresche di salvia. Si riempie di acqua calda una bacinella abbastanza grande per contenere il foglio, facendo attenzione che non si accartocci, quindi si uniscono i fiori, petali e foglie senza toccare il liquido con le mani. Lasciare il foglio in ammollo per almeno 2 ore e comunque finché non diventa del colore della salvia, quindi toglierlo dall’acqua, farlo asciugare su una superficie piana ed ecco che sarà pronta la pergamena dove scrivere i desideri e bruciarla quindi nel falò.

Altrettanto affascinante è l’antica tradizione ligure che si ripete ogni anno nella terza settimana di luglio a Taggia in occasione della festa di Santa Maria Maddalena, che secondo una leggenda, nel primo secolo d.C., prima di raggiungere la Provenza, si fermò e morì in una grotta dove i frati benedettini fecero costruire un eremo.
La festa ha inizio a sera del sabato, quando i Maddalenanti, confraternita dedicata alla santa e fondata nel 1716 come organizzazione caritatevole, danno vita a una chiassosa processione chiamata U Pantan, partendo dal centro storico di Taggia e raggiungendo a piedi o a dorso di mulo l’eremo di Santa Maria Maddalena del Bosco, dove intorno al santuario consumano una cena a base di minestrone e stoccafisso, trascorrendo la notte in modo festoso.
La domenica mattina le famiglie raggiungono i Maddalenanti all’eremo, dove si svolge la celebrazione religiosa, il pranzo su tavoli di legno all’ombra dei castagni, quindi i balli in un’atmosfera gioviale e serena, finché la musica si ferma improvvisamente e viene steso per terra un drappo rosso. A questo punto la banda intona una marcia vivace e due uomini danzano u Bau de a morte (il ballo della morte), uno interpreta U Masciu (il maschio), l’altro la Lena (una donna), inseguendosi, abbracciandosi, quindi allontanandosi e negandosi come in un litigio d’amore, finchè la Lena barcolla, cade e muore. La musica si fa grave, U Masciu si dispera e cosparge il corpo dell’amata con rametti di lavanda finchè miracolosamente la Lena non si rianima sulle note della musica che ritorna festante per la resurrezione. Terminato questo rito, che vuole simboleggiare il ritorno dell’uomo nel bosco, quale suo luogo primordiale, l’alternanza delle stagioni e il potere delle piante, i Maddalenanti donano a tutti dei mazzetti di lavanda e si fa ritorno a Taggia.

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

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