Come scrisse il grande poeta di Francoforte nella sua poesia, la primavera è finalmente vicina, come lo confermano anche le primule che mio marito ha piantato nel grande vaso del gelsomino. Penso che le piante, come noi, hanno bisogno di compagnia e, sarà forse un caso, la rigogliosa fioritura di quest’anno ne è la conferma. Spesso esco sul balcone per ammirarle e parlo a questi piccoli capolavori della natura, corolle dipinte attorno al nettare che ricorda l’occhio della civetta, i petali a forma di cuore sembra dicano ti voglio bene.
Una leggenda cristiana narra che un giorno San Pietro smarrì le chiavi del paradiso che caddero sulla terra. Lì, nel punto esatto del terreno dove toccarono il suolo, nacque la prima piantina di primule.
In antichità veniva associata a Venere e anche nella mitologia norrena questi fiori primaverili adornavano l’altare di Freya, dea dell’amore, mentre i Druidi, sacerdoti dei celti, usavano portare le primule ad alcuni loro riti per proteggersi dal male.
Si dice che donarle porti fortuna, coltivarle sul balcone tenga lontano da casa le persone indesiderate ed è credenza popolare che trovare una primula con 6 petali (solitamente ne ha 5) sia di buon auspicio in amore.
Anche William Shakespeare le ha volute nella sua commedia ambientata in un bosco fatato in Toscana, Sogno di una notte di mezza estate e diventata poi una composizione musicale di Felix Mendelssohn Bartholdy, nonché meraviglioso balletto rappresentato in tutti i teatri del mondo:
E nel bosco dove solemmo, tu ed io,
distenderci su sponde di primule albicanti,
versando i segreti dei nostri cuori ardenti,
colà c’incontreremo, il mio Lisandro ed io.
Emanuela Trevisan Ghiringhelli
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