La vita è fatta di compromessi, soprattutto se si vive in questo secolo. Ce ne sono di gratuiti, altri hanno un prezzo ed è una scelta del tutto personale decidere se pagare il pegno, valutandone i pro e i contro, o se tirare dritto e rinunciare all’espediente.
Con molto coraggio ho scelto la seconda alternativa, accettando la penalizzazione economica del calcolo pensionistico con il sistema contributivo di Opzione Donna, per scrivere la parola fine al capitolo della mia vita lavorativa il 30 settembre 2019 e non dover attendere fino a dicembre 2024 secondo la tanto odiata Legge Fornero.
Tirando le somme, dopo essermi lasciata alle spalle il mondo del lavoro da 16 mesi, non posso che essere pienamente soddisfatta di questa scelta, che quando la presi temevo fosse troppo azzardata.
Non avere vincoli e potersi gestire il proprio tempo non ha prezzo, anche a costo di rinunce che talvolta si devono affrontare per rientrare in un budget familiare più ridotto, facile da contenere se si sacrifica il superfluo e si ponderano le spese.
Ho imparato a stimare e apprezzare le cose semplici, non ho alcun interesse per l’effimero e soprattutto a valorizzare l’essere e non l’apparire, situazioni che contribuiscono a condurre uno stile di vita in cui i valori sono altri, mettendo in primo piano la salute e gli affetti.
Dal 6 aprile 1979, mio primo giorno di lavorativo, ho sempre odiato il lavoro d’ufficio pur mettendoci sempre il massimo impegno. Svolgere per quarant’anni mansioni che non ti gratificano, significa annientare parte della tua personalità, pur ritenendoti fortunata di avere un posto fisso. Le ore che sembrano interminabili, le carte che ti girano per le mani sono sistematicamente le stesse in una routine quotidiana che ti porta alla noia, facendoti crescere l’ansia del giorno dopo. Non ci puoi mettere nulla di tuo in questo tipo di lavoro, devi seguire degli schemi, rispettare i tempi, una sorta di catena di montaggio pur stando seduta alla scrivania.
Non c’è cosa peggiore che iniziare la settimana con il miraggio che arrivi presto il venerdì e se anche non te ne accorgi e ti pare il contrario, il tempo vola via, come quando raccogli un pugno di sabbia sulla spiaggia e la fai cadere tra le dita.
Già da un paio di anni il mio fisico mi lanciava segnali di stanchezza cronica che inevitabilmente si tramutavano in patologie, spesso di origine psicosomatica e che sono sparite nell’arco di pochi mesi da quando sono in pensione.
Essere padroni del proprio tempo non ha prezzo. Ogni giorno ricevo 1440 minuti da vivere e non so per quanto ancora mi sarà riservato questo preziosissimo regalo. Per questo li vivo centellinando e assaporando ogni attimo, felice di poterli condividere tutti con mio marito e i miei gatti.
Purtroppo il tempo scorre inesorabile, sia che venga misurato con una meridiana, una clessidra, da un’orologio di pochi soldi o da lancette che si muovono su un pavé di brillanti, non lo posso fermare e tanto meno sprecare, ma voglio viverlo intensamente ed avvalorarlo.
Sin da quando ho iniziato a lavorare ho imparato a dare un valore alle cose usando come metro il tempo. La mia personale “valuta” variava in rapporto allo stipendio che percepivo e ora all’assegno pensionistico. Quando mi appresto ad acquistare qualcosa di superfluo, lo valuto secondo la mia moneta, quanto tempo mi costa. Agli inizi della mia vita lavorativa tutto era più caro poi man mano che la mia professionalità veniva riconosciuta economicamente, la mia moneta acquistava più potere d’acquisto, ma non mi sono mai lasciata prendere la mano.
Chi spende del tempo per trascorrerlo in nostra compagnia o per una telefonata, mi fa un regalo molto prezioso e particolarmente gradito, più che se mi donasse un oggetto. E’ un dono che rimane scritto con la penna indelebile nel libro della mia memoria, che rileggo ogni volta che penso a quella persona.
Voglio godere ogni ora, minuto e secondo della mia vita cercando di viverli al meglio nella consapevolezza che mi ha insegnato la filosofia Zen e senza che arrivi il momento di addormentarmi con il rimpianto di aver sprecato del tempo che non tornerà più indietro.
Emanuela Trevisan Ghiringhelli
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