Vienimi a trovare in sogno e lascia una piuma sul cuscino.


Spesso mi chiedo chi sia il mio angelo custode, se un mio caro o un perfetto sconosciuto che mi è stato assegnato nel momento in cui sono nata.
Quando scrutando il cielo vedo nuvole che disegnano due ali, ho la sensazione che mia stia salutando e voglia farmi percepire la sua presenza. E’ il miglior modo di iniziare la giornata, una sorta di buon auspicio, un segno rassicurante che mi fa sentire protetta.
Se avessi mai avuto qualche dubbio sull’esistenza degli angeli, si è dissipato improvvisamente quel 12 agosto 2017, il primo giorno di ferie di un caldo e soleggiato pomeriggio d’estate.
Avevo voglia di lago, di scattare foto alle fornaci di Caldè, quel luogo di architettura industriale abbandonata interdetto ai visitatori ma reso interessante da fotografare grazie ai tanti writers che l’hanno reso un museo all’aperto di street art.
Fino a quel dannato giorno quando mi mettevo al collo la Nikon il mio cervello si isolava, io e lei diventavamo un tutt’uno, mi muovevo quasi in trance, focalizzavo solo il soggetto da ritrarre.
Anche quel pomeriggio è andata così, intercedevo senza guardarmi attorno, fissando imperterrita il mio soggetto nel mirino, un piccolo vecchio forno per la calce, finché non ho più sentito la terra sotto i piedi e sono precipitata nel vuoto. Un volo che mi è parso lunghissimo mentre rivedevo il film della mia vita, il terrore mi accecava fino al tonfo su un letto di vetri di bottiglia rotti e rovi.
Ero caduta di schiena, lo zaino ne ha attutito il colpo nonostante il volo di tre metri ma temevo comunque di non riuscire a muovere le gambe, invece rispondevano ai comandi.
Ho iniziato a gridare per chiamare Fulvio che mi aspettava una decina di metri più avanti da quel maledetto buco, una volta trovato il cellulare, che fortunatamente non si era rotto, l’ho chiamato ma era impossibile spiegargli dove fossi. Mi ha fatto gridare per seguire la mia voce, poi mi ha tranquillizzato mentre cercava la via per accedere a quel magazzino abbandonato. Ringraziando il cielo mi sono alzata, ho camminato e raggiunto con il suo aiuto l’auto nonostante i forti dolori.
Sanguinavo per i vari tagli che mi sono inferta cadendo sui vetri rotti e una volta assistita, sottoposta a vari accertamenti e medicata al pronto soccorso di un piccolo ospedale, siamo tornati a casa.
Sicuramente il mio angelo era lì a proteggermi in quella paurosa caduta che doveva insegnarmi a non distogliere mai l’attenzione.
Chiunque sia, mio padre, uno dei miei nonni o dei miei zii che mi hanno allevata, oppure un perfetto sconosciuto, gli sarò grata a vita per avermi salvato e fatta uscire da quella brutta avventura e con le mie gambe.
E anche stamane mi ha salutato mostrandomi quelle ali in cielo, quasi volesse dirmi “tranquilla, oggi pomeriggio andrà tutto bene” e così è stato…. grazie per essermi sempre accanto, proteggendomi con le tue grandi ali!

Emanuela Trevisan Ghiringhelli

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