Sabato sera tutti in casa e niente bagordi per Halloween, cosa che mi rende quasi felice.
Non ho nulla in contrario che si celebri la vigilia della notte di Ognissanti che sin dall’antichità veniva chiamata all-hallows-eve in terra anglosassone, ma preferirei che si mantenessero vive le antiche tradizioni italiane.
Dalle origini antichissime, sin dai tempi dei Romani quando entrarono in contatto con i Celti, proprio tra il 31 ottobre ed il 1° di novembre si festeggiava il capodanno celtico, chiamato Samhain (da sam-fuin = fine dell’estate) o Samonions, legato al ciclo delle stagioni.
I Celti dividevano l’anno in due sole stagioni, l’estate e l’inverno e questa festa celebrava l’ultimo raccolto prima della neve. I falò di Samhain venivano accesi sulle colline della Britannia e d’Irlanda al tramonto del 30 ottobre, rituali dal significato magico di illuminare la notte oscura e traghettarla nella luce del nuovo anno. Fu così che a partire dalle regioni dell’Italia settentrionali, le prime ad essere colonizzate dai Celti a partire dal XII sec. a.C. con la Civiltà di Golasecca, nell’antichità si festeggiava il Samonions con la notte delle Lumére.
Zucche intagliate e illuminate da candele venivano poste sul ciglio della strada per illuminare il percorso dal Camposanto al paese nel momento in cui il mondo dei vivi e dei morti entravano in comunicazione. Alcune leggende raccontavano che in quella notte i defunti potessero tornare sulla terra a trovare le loro famiglie, quindi era uso comune lasciare sulla tavola del cibo per le loro anime erranti accompagnato da foglietto con scritto un pensiero con i propri cari, come in Veneto, dove era usanza preparare “Il piatto dei morti” con castagne, dolci, marroni e fave.
Le zucche illuminate, le lumére, poste sui davanzali delle finestre e lungo le strade servivano per guidare gli spiriti della notte. I bambini, coperti da mantelli bianchi che evocavano i fantasmi, usavano bussare alle porte delle case per farsi donare caramelle e biscotti, una sorta di dolcetto o scherzetto esportato dagli americani.
La celebrazione della notte di Ognissanti si è poi estesa a poco a poco in tutta Italia, con riturali diversi secondo le tradizioni regionali, isole comprese, ma che avevano il comune denominatore di mettere in contatto il mondo dei viventi con quello dei defunti, nulla a che vedere con quella sorta di macabro carnevale importato d’oltreoceano e dal significato puramente consumistico.
Ben venga una festa se serve a far girare l’economia, ma sarebbe buona cosa valorizzare anche quella cultura rurale identitaria dei nostri territori. Nel 2014, e per un solo anno, sono stata consigliere comunale con delega alla cultura del comune di Buguggiate e avevo fortemente voluto che si celebrasse la notte delle Lumére coinvolgendo anche gli alunni delle scuole e le varie associzioni presenti sul territorio. La serata aveva inizio al camposanto illuminato solo da lumini e dove il parroco aveva raccolto la comunità in una breve preghiera per i defunti. I lampioni della via principale del paese erano stati spenti e reggevano le zucche con le candele che facevano luce al corteo che doveva raggiungere la piazza del municipio dove era stato allestito un grande falò nel quale gettare il biglietto dei desideri. Questo evento aveva riscosso tutti i consensi da parte della comunità ed è stato replicato fino allo scorso anno, riempiendomi d’orgoglio per aver rispolverato un’antica tradizione seppur con qualche rivisitazione.
Visto che quest’anno non festeggeremo Halloween, rimettiamo in moto la macchina del tempo e la notte del 31 ottobre poniamo sul davanzale una zucca intagliata con la candela accesa, lasciamo sul tavolo un piatto con qualche biscotto, fave, castagne e un foglietto con un pensiero per i nostri cari defunti, un rituale tra il sacro e il profano per celebrare la notte di Ognissanti in tempo di Covid-19, esorcizzando in questo modo anche il coprifuoco con una cena o pizza consegnata a domicilio dal nostro ristoratore di fiducia, terminando con qualche dolcetto e gelato che acquisteremo entro le 18:00 nelle pasticcerie e gelaterie locali.
Emanuela Trevisan Ghiringhelli
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